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Da Santa Caterina alla Colombaia di Giuseppe Romano
servo di pena.
Collocata immediatamente al di sotto della pena di morte e dell'ergastolo, la pena dei Ferri era un istituto ibrido che,
comportando lunghi periodi di internamento o di reclusione del reo in appositi istituti, presentava indubbie analogie con
le moderne pene detentive, ma conservava pure buona parte delle caratteristiche che, per millenni, erano state
proprie di quelle corporali.
Essa poteva essere di due specie: la prima si espiava nei Bagni. In questi luoghi ameni, i condannati trascinavano ai
piedi una catena, o soli, o uniti a due, a secondo della natura del lavoro a cui venivano addetti. La seconda si espiava
nel "Presidio". A questa pena era sottoposto il condannato ai lavori interni di un forte, con un cerchio di ferro nella
gamba destra come da regolamento.
La pena dei Ferri era di quattro gradi eguali, ciascuno di anni 6; il che significava che essa sarebbe potuta durare da
un minimo di 7 ad un massimo di 30 anni, consentendo così al giudice di graduare e di proporzionare la pena in
relazione ai vari reati, alle diverse circostanze e alla personalità del reo.
Il 1° grado cominciava dagli anni 7 e terminava a 12;
Il 2° grado cominciava dagli anni 13 e terminava a 18;
Il 3° grado cominciava dagli anni 19 e terminava a 24;
Il 4° grado cominciava dagli anni 25 e terminava a 30;
L'Ergastolo, invece, consisteva nella reclusione del condannato, per tutta la vita, nel forte di un'isola. I condannati
all'ergastolo non potevano essere "astretti a verun lavoro" o servizio forzato, e molto meno incaricarsi della pulizia
interna della cella, alla quale erano addetti altri servi di pena, cioè i condannati ai ferri. Ciò non dipendeva certo da
ragioni umanitarie o dall'opportunità di rendere meno gravose le loro tristissime condizioni di vita, ma, al contrario,
dall'esigenza che la reclusione perpetua venisse scontata nell'ozio e in uno stato di totale abbandono, così da
rimarcare la funzione esclusivamente neutralizzatrice e definitivamente eliminatoria del reo dal contesto sociale che
veniva attribuita da tal genere di sanzione. Il condannato all'ergastolo perdeva la proprietà di tutti i suoi beni (come
avveniva per la pena di morte); egli era considerato un "morto senza testamento".
L'USO DELLA CATENA NEL SISTEMA DEI BAGNI PENALI 1
Il "Regolamento di disciplina e di interno ordinamento dei Bagni" del 1860, classificava i condannati dei Bagni in
quattro Divisioni, distinte dal colore di una striscia di lana apposta sul berretto.
I condannati erano incatenati a due per volta, come già prescritto dai bandi del 1826. La lunghezza e il peso delle
catene era così stabilito:
1^ categoria: catena di maglie 6 e 1,300 Kg.
2^ categoria: catena di maglie 9 e 1,700 Kg.
3^ categoria: catena di maglie 9 e 1,900 Kg.
Per accoppiare i forzati nuovi giunti e gli incorreggibili erano utilizzate le catene di 18 maglie del peso di 6 Kg.
Il nuovo regolamento disciplinare dei Bagni, emanato con il R.D. n.1328 del 7 marzo 1878, pur non prevedendo le
famigerate punizioni corporali contenute nei vecchi bandi del 1826, conteneva un rigido sistema disciplinare basato
sull'uso dei ferri e sulla punizione dell'isolamento.
Il peso della catena veniva minuziosamente disciplinato nella circolare n.173 del 26 aprile 1876 emanata dal Ministero
dell'Interno: "Nel peso della catena, che ciascun condannato deve portare assicurata al malleolo della gamba
sinistra giusto l'art.22 del Regolamento approvato con Regio Decreto del 7 marzo 1878 n.4328, è compreso
ancora il peso dell'anello, perché questo è parte integrante della stessa catena. D'altronde, nel dubbio, le
disposizioni che concernono le pene afflittive, debbono sempre interpretarsi nel senso più favorevole".
L'uso della catena, fu definitivamente soppresso con R. D. 2 agosto 1902 n.377.