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Convegno “Le risorse lapidee dall’antichità ad oggi in area mediterranea, 25 – 27 settembre 2006 Canosa di Puglia (Bari)

delle torri o per i cantonali, ad esempio, tendono ad essere di dimensioni maggiori, non
confrontabili con quelle degli elementi del paramento. Le strutture delle volte invece erano
quasi sempre costituite da elementi piuttosto sottili, che potessero discretizzare meglio la
curvatura.
Un altro litotipo molto diffuso è quello delle arenarie locali che cambiano a seconda della
zona di estrazione (Civitate e Serracapriola, Fiorentino e Dragonara). In quantità ridotte si
rintraccia il tufo calcareo, leggero e dalla grande lavorabilità. Gli elementi riscontrati sono in
effetti sempre molto ben sagomati e frequentemente collocati alle imposte degli archi o delle
volte (Fiorentino, Civitate). Nel fondovalle dei fiumi attuali, la presenza di formazioni
costituite da grandi aggregazioni di ciottoli è piuttosto comune. La scarpa della torre di
Serracapriola è interamente realizzata in ciottoli di dimensioni dai 20 ai 30 cm. Di fronte alla
reperibilità di pietra da costruzione da stratificazioni superficiali, in questa regione, la
necessità di blocchi di grandi dimensioni poteva essere soddisfatta dal sistema delle cave
dell’area di Apricena. In epoca medievale molti insediamenti della Capitanata erano nei pressi
di antiche città romane, si comprende come la reperibilità del materiale lapideo si sia basata
sullo spoglio degli edifici più antichi.

            LA CALCARENITE PLEISTOCENICA DELL’ISOLA DI FAVIGNANA
                                 (Arcipelago delle Egadi – Sicilia occidentale)

                             Cusimano G. 1, Gatto L.1, Incandela A.2 , Renda P.1

1 Dipartimento di Geologia e Geodesia – Università degli Studi di Palermo
2Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo – Regione Siciliana
Autore corrispondente; e-mail: leofelix@unipa.it

Nel settore orientale dell’Isola di Favignana (Arcipelago delle Egadi) affiora una successione
potente circa 30 m di calcareniti del Pleistoce inf., blandamente piegati con assi orientati NO-
SE , che poggia sulle argille plioceniche nell’estremo settore orientale e nel settore
occidentale direttamente sui depositi mesozoico-paleogenici.
Si tratta di una alternanza di banchi calcarenitici metrici di colore bianco avorio con lamine
parallele ed incrociate a grande e piccola scala, calcareniti gradate con strutture canalizzate,
livelli di calcareniti riccamente fossilifere con prevalente presenza di Gasteropodi e valve di
Lamellibranchi.
Questi depositi, ampiamente studiati dal punto di vista paleontologico fin dall’’800, per le
caratteristiche geotecniche e per la particolare bellezza sono stati usati come materiale da
costruzione, di rivestimento e di intaglio.
L’attività estrattiva di tale calcarenite, volgarmente chiamata “tufo”, fu per secoli la fonte di
vita per i favignanesi, insieme all’agricoltura ed alla pesca prevalentemente del tonno.
Le prime latomie risalgono al periodo romano e l’attività estrattiva continuò e prosperò,con
gli arabi, nel medioevo, che sostituirono e preferirono alle cave a cielo aperto le cave in
sotterraneo per proteggere il soprasuolo. Inoltre coltivando la cava in orizzontale, veniva
evitata l’estrazione del “cappellaccio” (porzione esterna fortemente cementata) prelevando
direttamente il “tufo” più pregiato.
Il massimo sviluppo dell’attività estrattiva si ebbe nell’ottocento e nella prima metà del
novecento ma, nonostante negli anni ‘70 il lavoro di estrazione divenne meccanizzato, la
calcarenite di Favignana non fu più largame nte cavata (oggi vi è una sola cava a fossa attiva);
infatti la calcarenite cavata nella terraferma (settore di Marsala e Mazara del Vallo) anche se
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