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Ma la vera novità delle ricerche di quest’anno è la scoperta effettuata
            tre giorni fa, tanto agognata dal compianto Sebastiano  Tusa, artefice
            dell’individuazione del luogo della  battaglia: una spada in  metallo, della
            lunghezza di circa settanta centimetri con una lama larga cinque centimetri,
            appartenuta probabilmente ai soldati di uno dei  due eserciti. Indagini
            radiologiche e Tac, condotte dal professore Massimo Midiri – direttore della

            sezione di Scienze  radiologiche del  dipartimento  Bind dell’università  di
            Palermo – hanno confermato la struttura dell’arma che sarà oggetto di studio
            nelle prossime settimane.



                   La spada si presenta totalmente incrostata dagli organismi marini che in
            più  di duemila anni la hanno avvolta.  Era ciò che l’archeologo Sebastiano
            Tusa aspettava fin dall’inizio delle ricerche: i rostri, gli elmi, le stoviglie di

            bordo e le numerose anfore non completavano, infatti, il quadro. Le armi dei
            soldati non erano state, fino ad oggi, mai ritrovate. Nello stesso luogo della
            spada, sono stati recuperati due  chiodi di grandi  dimensioni, a sezione
            quadrangolare, probabilmente appartenuti a una delle imbarcazioni affondate
            durante lo scontro.



                   «E’ la conferma  –  dichiara il dirigente  generale  dei Beni culturali

            Sergio Alessandro – che l’amico e collega Tusa cercava da molti anni. In sua
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