Page 2 - Azzaro_etali_2000
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parametri di sorgente degli eventi, secondo le procedure adottate in Camassi e
Stucchi (1997). Quando disponibili sono stati utilizzati i dati strumentali. Ad
eccezione della sequenza del Belice del 1968, che è stata studiata ex-novo, per gli
altri eventi maggiori sono stati utilizzati i dati di letteratura più recenti (Boschi et al.,
1995, 1997 per i terremoti con Io > VIII; Barbano et al., 1996 per quelli con VI ≤ Io ≤
VIII). Il pattern della sismicità a lungo termine è stato messo a confronto con i dati di
tettonica recente disponibili in letteratura. La maggior parte degli studi presenta un
approccio prevalentemente geologico-stratigrafico e di interpretazione geodinamica a
grande scala, restando piuttosto generica sui problemi di tettonica attiva. La relativa
scarsità di studi specifici riflette anche la difficoltà di trovare evidenze di attività nel
Pleistocene sup.-Olocene, sia per la mancanza di sedimenti recenti (per es. settore
interno ibleo, Catena settentrionale) che per la presenza di strutture sviluppate in
mare. Pertanto nella revisione delle zone sismogenetiche (ZS) siciliane abbiamo
usato, come punto di partenza, i terremoti la cui occorrenza implica l’attività di una
faglia conosciuta o eventualmente cieca. L’analisi ha riguardato, con un grado di
dettaglio differente secondo il tipo di dati disponibili, le ZS della Sicilia occidentale
ed orientale. Per l’associazione terremoti/strutture sismogenetiche, abbiamo adottato
i seguenti criteri: 1) prossimità dell’epicentro ad una struttura quaternaria; 2)
distribuzione dei punti di intensità rispetto all’orientazione della faglia; 3) presenza
di fenomeni sismogeologici associati (tsunami, fagliazione superficiale). Nel caso in
cui non è stato possibile riconoscere strutture sismogenetiche ben definite (faglie
cieche, incertezze nella localizzazione delle sorgenti), sono state indicate delle aree
con caratteristiche sismogenetiche omogenee.

2 Sicilia occidentale
       A parte i terremoti distruttivi del Belice (1968) e di Palermo (1726, 1940), la

sismicità della Sicilia occidentale è caratterizzata da sequenze di eventi con moderata
intensità. L’analisi ha permesso di ipotizzare subzone con differenti caratteristiche
sismotettoniche (Rigano et al., 1999) all’interno della zonazione esistente (Fig. 1a).
La ZS 76 sembra essere attiva solo nel suo settore orientale (ZS 76a). I terremoti
sono localizzati prevalentemente in mare, lungo l’allineamento Ustica-Palermo-
Termini, che segue all’incirca le strutture trascorrenti destre orientate NO-SE del
Sistema Sud-Tirrenico. Possibili strutture sismogenetiche possono essere anche
quelle distensive a direzione E-O che delimitano a nord la Catena Maghrebide. La
ZS 77 comprende aree con stili sismici differenti. La sismicità del settore più a nord
(area di Corleone-Grisì, ZS 77a) si manifesta con sequenze sismiche di bassa energia.
Le limitate aree di avvertibilità dei terremoti indicano ipocentri poco profondi
associabili a strutture distensive o trascorrenti di limitata estensione che interessano
prevalentemente la copertura. Più a sud, nell’area del Belice (ZS 77b), è localizzata la
sequenza sismica del 1968. I dati sismologici e geologici disponibili non consentono
di riconoscere specifiche strutture sismogenetiche, nonostante si tratti dei terremoti
più violenti conosciuti in Sicilia occidentale. L‘interpretazione dei dati sismologici
ha portato alla formulazione di modelli diversi. Michetti et al. (1995), sulla base di

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