Page 2 - Gianfranco_Purpura_2021
P. 2

2



            da 6 - 7 libbre di "portata di palla" (kg 2,935 - 3,424, corrispondenti a un diametro di
            palla di mm. 90 - 95), la lunghezza dell'anima dovrebbe essere di circa 28 boccature,
            cioè di circa cm. 280: concorrendo lo spessore del "plinto di culatta" (fig. 16) con il
            "cul di lampada" e la lunghezza del terminale "codone-pomo"a completare l'ingombro
            totale di 310 cm del pezzo.
                Un fondato indizio però porta a ritenere che  il  cannone sia passato  in servizio
            all'artiglieria della Repubblica di Genova, in un non  meglio precisabile  momento
            compreso tra la definitiva cacciata dei Francesi da Genova (1528) e la restituzione in
            seguito al Trattato di Chateau-Cambresis (1559) alla sovranità genovese delle
            fortezze di Corsica  cadute in mano franco-turca durante la precedente fase  di
            conflitto. La sigla punzonata o incisa a freddo sulla culatta del pezzo A C20 R98, non
            è altro infatti che la "cantarata" ovvero la marcatura del peso impressa sui cannoni di
            proprietà pubblica per fini di censimento patrimoniale. Tale misura veniva espressa in
            "cantari" (C) e "rotoli" (R). Questo sistema ponderale di derivazione araba (qintar e
            ratl) era usato in Italia solo dalla Repubblica di Genova (cantaro di Kg 47,649) e dai
            vicereami spagnoli del Sud, ma con apprezzabili differenziazioni locali (a Napoli il
            cantaro equivaleva a kg 89,099 e a Palermo a 79,342).
                Il peso della bocca da fuoco con l'arma di Francesco I si accorda perfettamente ai
            999,676 Kg desunti con la misura genovese rispetto ai 1.869,297 della napoletana o ai
            1.664,595 di quella siciliana. Tale valore reale di circa una tonnellata si rapporta agli
            spessori di canna ("grossezze") propri delle fusioni cinquecentesche.
                Nell'ordinamento dei calibri genovesi, essendo la libbra locale molto più leggera
            di quella francese (g 317,66 contro 489,11) il nostro pezzo  veniva considerato una
            bastarda/quarto cannone da 12-13 libbre di boccatura e 10 3/4 – 11 2/3 libbre di palla;
            calibro questo molto diffuso tra i pezzi di tale tipologia in dotazione alle fortezze e al
            naviglio militare della Repubblica di Genova. Dai documenti d'archivio risulta non di
            rado il passaggio, per compravendita, di artiglierie dal servizio pubblico a quello
            privato e viceversa.
                La presenza di bocche da fuoco di fabbricazione francese non è infrequente
            ancora negli inventari seicenteschi della Repubblica: si tratta di pezzi vetusti residui
            dell'occupazione di primo cinquecento o già facenti parte dell'armamento delle galere
            di Andrea Doria quando l' ammiraglio era al servizio della Francia; oppure frutto di
            preda bellica, in particolare in occasione della presa della Goletta e di Tunisi, nel
            1535, da parte delle forze imperiali di Carlo V nella cui flotta combattevano le navi di
            molti armatori privati genovesi. Sappiamo infatti che nelle fortificazioni e sulla flotta
            turca,  catturata per intero, vennero presi in gran numero  cannoni con  i gigli di
            Francia, forniti da Francesco I ai suoi alleati turchi e algerini.
                Per concludere, sembra dunque confermata la già trapelata componente genovese
            nella proprietà e/o nell'armamento della S. Maria del Bissone, verosimilmente
            impegnata  al  tempo del suo naufragio  nel traffico di  approvigionamento granario
            della capitale ligure,  che sappiamo allora frequentemente  insidiato dalla pirateria
            turco-nordafricana.
                Potrebbe essere solo una coincidenza, ma da notizie di archivio pubblicate risulta
            che una nave da carico chiamata "S. Maria" compie più volte il percorso Genova-
            Sciacca-Genova dal 1547 al 1554. L'inventario delle dotazioni di bordo comprende
            anche quattro cannoni di bronzo per un peso complessivo di cinquantadue cantari (kg
            2.478), oltre a dieci pezzi di ferro a mascolo e sette smerigli pure in ferro.  Le sue
            notizie si perdono a partire dal 1560”. In data successiva potrebbe aver fatto naufragio
            nei pressi del caricatore del grano di Sciacca, ove è appunto  ubicato l’importante
            giacimento, non ancora indagato a fondo.
   1   2   3   4   5