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Tra i numerosi scafi medioevali e moderni segnalati nei dintorni dello Stagnone di
Mozia, solo ad una stretta imbarcazione con uno sperone di ferro è toccata la sorte di
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essere esaminata da E. Riccardi .
Il giacimento cinquecentesco di S. Vito, che dovrebbe essere collegato ad
un’incursione barbaresca documentata nel 1526 e volta al saccheggio del Santuario,
non mi risulta dopo la pubblicazione della notizia preliminare, che sia stato in alcun
modo scientificamente indagato, nonostante si tratti di una vasta area profondamente
insabbiata in prossimità della riva, che potrebbe ancora nascondere resti dell’antica
preda. Ma forse atti di predazione più recenti sono stati già condotti a termine.
Se il lungomare di Trapani sembra nascondere i resti di un’imbarcazione del
XVIII – XIX sec. con numerose vanghe di ferro e parti metalliche di mobilio, il
lungomare di Palermo non v’è alcuna probabilità che restituisca, a causa dei detriti, i
resti delle nove navi spagnole e olandesi affondate il 2 giugno 1676 nella battaglia di
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Palermo (fig. 4).
Restando nel trapanese, nei pressi di Castellammare è stato segnalato a bassa
profondità uno scafo insabbiato ritenuto del 1400. E’ probabile che sia proprio questo
il relitto dal quale proviene ceramica pisana del XV sec., ma a suo tempo falsamente
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indicato ad alta profondità, forse per dirottarre altrove l’attenzione . Da documenti
d’archivio risulta il naufragio di una nave appena salpata dal caricatore di Alcamo
(Vallone) nel 1487 e stipata di duecentoottantotto salme di frumento.
Dinnanzi alla spiaggia di Cinisi, nei pressi della località Pietra Vela, a circa
cinque metri di profondità e a breve distanza dalla riva, si segnala uno scafo
capovolto ed insabbiato con chiodatura in ottone, dunque uno scafo di età moderna.
Ad Ustica invece, sulla secca Colombaia, affondò finendo ad alta profondità un
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vascello del XVIII il cui timone foderato di rame (fig. 5) è oggi in una vasca del
Museo Archeologico di Palermo. Uno scandaglio in piombo con graffito il numero
quindici e qualche altro reperto della medesima epoca provengono dalla scarpata
occidentale della secca, legittimando il sospetto che in fondo vi sia proprio lo scafo
in questione.
Su di un’altra secca, la Formica, nei pressi di Porticello, sono stati individuati e
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segnalati tempestivamente i resti di un veliero dell’Ottocento (fig. 6) con cannoni di
8 Riccardi E., A ancient warship near Marsala, Sicily, Archaeology of ships of war
and Excavating ships of war, I, Oxford, 1994.
9 Nella battaglia di Palermo affondarono tre navi olandesi (Steenbergen, da 68
cannoni, Vrijheid, da 50 cannoni, Leyden, da 34 cannoni) e ben sei navi spagnole
(l'ammiraglia da 64 cannoni, la Nuestra Señora del Pilar, il vascello San Felipe,
da 44 cannoni, il Sant'Antonio, da 46 cannoni, il S.Carlo o Salvator delle Fiandre,
da 48 cannoni, oltre a due galere). I loro scafi sono sicuramente sepolti
profondamente da cumuli di fango e detriti dell'ultimo conflitto nello specchio
d'acqua antistante la Marina di Palermo, insieme ad innumerevoli altri reperti
archeologici.
10 Purpura, Rinvenimenti sottomarini nella Sicilia occidentale, Archeologia
subacquea 3, Suppl. nn. 37 - 38, 1986, Bollettino d'Arte, p. 147, n. cat. 51.
11 Purpura, Rinvenimenti sottomarini nella Sicilia occidentale, Archeologia
subacquea 3, cit., p. 180 n. cat. 117.
12 Purpura, Nuovi rinvenimenti sottomarini nella Sicilia, cit., p. 174 n. cat. 105.