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di passaggi di proprietà, errati investimenti e, non da ultimo, la diminuzione del
pescato, ha ridotto la produzione, fino alla definitiva chiusura nel 1982.
L’imprescindibile legame tra Favignana e il suo tonno si è lentamente dissolto.
La tonnara, come sistema di sola cattura, ha poi continuato a lavorare fino al
2007 con il tonno venduto ad aziende conserviere fuori dall’isola. Anche la vita
intorno alla mattanza è cambiata. Da importante evento economico, sociale e
culturale per tutti i pescatori di Favignana, si trasforma in un appuntamento
mediatico per turisti e curiosi attratti dalla sua spettacolarità e cruenza.
LA PESCA AL TONNO DEL MEDITERRANEO si è completamente
trasformata e ha smarrito l’indubbio fascino e la sostenibilità dettata
dall’esperienza e lungimiranza dei vecchi tonnaroti. Il tonno rosso è diventato un
grande affare i cui soggetti principali sono le multinazionali, le grandi tonnare a
circuizione e le quote di pesca – il tutto per alimentare essenzialmente il
remunerativo commercio verso il Giappone. Un gioco di interessi troppo alto e
complicato per la piccola Favignana, che oggi ha perso l’antico diritto alla pesca
del suo tesoro. Oggi tutti i battelli della tonnara sono lasciati a dissolvere il
fasciame nei precari magazzini del porto, e le ancore, a cui era fissata la «camera
della morte» e più di 8 km di reti, ad arrugginire sulla spiaggia dell’antico
stabilimento. Nel 1991 è stata istituita intorno al mare di Favignana, Levanzo e
Marettimo la più estesa Area marina protetta del Mediterraneo. Per una migliore
gestione delle risorse ittiche e per la tutela dei suoi fondali. È suddivisa in
quattro zone, ciascuna con un differente livello di protezione e fruibilità. Area di
tutela integrale, in cui la pesca è vietata, e le immersioni e il transito delle
imbarcazioni sono sottoposte ad autorizzazione; riserva generale, dove è
consentita la pesca e l’ancoraggio ai soli residenti locali; riserva parziale, in cui è
possibile l’ancoraggio e la piccola pesca anche alle marinerie non residenti.
Pietro La Porta, tecnico dell’Amp, esprime soddisfazione per questo tipo di
gestione. «L’evidente risultato è stato quello di trasmettere ai residenti delle
Egadi una maggiore consapevolezza e responsabilità per le risorse del mare;
adesso sono gli stessi pescatori, addetti ai diving o al barca turismo che ci
segnalano trasgressioni e problematiche all’interno dell’area».
OLTRE AD ESSERE LA PIÙ GRANDE RISERVA MARINA, quella
delle Egadi è anche la più virtuosa in fatto di gestione dei fondi e capacità di
autofinanziarsi, tanto da coprire, con gli introiti prodotti, circa la metà della
spesa annuale. «Siamo passati da una fase iniziale in cui l’Amp era vista solo
come un vincolo per la popolazione, a una più avanzata capace anche di attrarre
investimenti e fare del marketing» afferma ancora Pietro.
DALLA GESTIONE DELLA POSIDONIA OCEANICA, pianta
endemica del mar Mediterraneo, la riserva riesce a ricavare delle royalties a
supporto delle attività di tutela. È il caso della raccolta autorizzata delle piante
che si staccano naturalmente dal fondo, utilizzate per la produzione di creme
idratanti e antiage. Per proteggere i fondali coperti da questa pianta dalle ancore
delle imbarcazioni che stazionano alla fonda, la riserva ha anche realizzato degli
appositi campi di ormeggio a pagamento con boe fisse galleggianti. In tal modo