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nizzare un ciclo lavorativo che coinvolgeva alcune centinaia di
addetti: «Buttati i pesci dalla barca nell’acqua della spiaggia, ven-
gono immediatamente uncinati in un occhio, legati con corda alla
coda, tirati nello sbarcatoio e disposti in tre ordini simettrici. Ap-
pena formata la prima fila, sei operai con un’accetta fanno in un
attimo quattro tagli: uno per tagliare la testa, la quale vien subito
portata via, due trasversali ed uno longitudinale per estrarre le
interiora, le quali da un altro operaio, che accorre istantanea-
mente con un mastello, vengono portate in apposito locale. Ap-
pena sventrato il pesce, vien posto sulle robuste spalle di un uomo,
il quale lo trasporta in magazzini dal tetto basso da cui pendono
innumerevoli corde, alle quali i tonni vengono appiccati per la
coda, perché ne possa colare il sangue per parecchie ore. […] Una
serie di magazzini è destinata al riempimento delle scatole ed alla
conservazione dei prodotti. L’intero stabilimento è illuminato a
gas, la cui forza motrice viene utilizzata per estrarre l’acqua da
un pozzo e per altri usi» (da La Settimana ecc. cit.).
Il tonno tagliato a pezzi veniva cotto in 24 grandi caldaie e, suc-
cessivamente, posto ad asciugare in ceste di ferro collocate in
magazzini ben ventilati. In un altro ampio locale si effettuava la
lavorazione delle latte, mediante utilizzo di macchine e saldatrici.
Alla citata Esposizione del 1891-92, Casa Florio, nel proprio
padiglione dedicato alla pesca del tonno, presentò tarantello e ven-
tresca nelle innovative scatolette di latta con apertura a chiave.
Con la costruzione dello Stabilimento, il rinnovato impulso dato
alla pesca e alla commercializzazione del pregiato prodotto, sui
principali mercati nazionali e stranieri, fu ampiamente ripagato
dal successo, in termini di immagine e di profitto. E anche quando,
nei primi decenni del ‘900, le sorti di quello che era stato il più
importante gruppo industriale e finanziario siciliano apparivano
segnate, lo Stabilimento Florio, pienamente attivo e produttivo,
sopravvisse al fallimento della dinastia imprenditoriale, passando,
a fine anni trenta, prima nel novero delle aziende di proprietà
dell’I.R.I, poi nelle mani degli industriali genovesi Parodi e da
questi, infine, alla Regione Siciliana.

ROSARIO LENTINI
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