Page 8 - Heritage Italia Magazine n 4
P. 8
Anche se al primo impatto l’isola può mostrare di sé un aspetto arido, subito “rimedia” agli occhi del visitatore più attento,
prodigandosi con tutto lo splendore della sua inaspettata vegetazione, che qua e là si affaccia non solo dalla sua campagna,
ma addirittura da giardini, anche ipogei, ricavati dentro dismesse e antiche cave di tufo.
Il tufo, insieme con la pesca e l’agricoltura, in passato ha rappresentato una delle più importanti risorse economiche per la
popolazione di Favignana: tagliato a blocchi, veniva esportato in tutta la Sicilia e nel nord dell’Africa.
Perfino i Saraceni hanno lasciato l’antica traccia della loro presenza sull’isola, attraverso le tre torri di avvistamento costruite
una sul porto, una in località Torretta, e infine una sul Monte S. Caterina, poi trasformata in forte da Ruggero il Normanno
nel XII secolo, ampliato e fortificato infine nel XVII secolo dagli Spagnoli.
Nel 1794, quando i Borboni cominciarono ad inviarvi i patrioti dei vari moti insurrezionali costringendoli in condizioni di
prigionia inumane, ebbe inizio il suo triste destino di carcere. Dopo lo sbarco di Garibaldi a Marsala, nel 1860, la folla che
liberò gli ultimi rinchiusi devastò nella sua furia l’interno delle celle e ogni cosa che potesse ricordare tanta ingiustizia.
L’edificio comunque rimase in piedi e venne trasformato in semaforo, funzione che però andò in disuso, poiché spesso il
picco montuoso è avvolto dalle nuvole, risultando pertanto invisibile ai naviganti.
Nel tempo, diverse tonnare si sono avvicendate sull’isola, fino a quella, oggi solo superbo esempio di archeologia industriale,
impiantata dalla famiglia Florio, grazie alla quale Favignana visse un periodo di grande splendore economico dalla seconda
metà del 1800 fino alla sua chiusura. Città dentro la città, la tonnara dava lavoro alla maggior parte degli abitanti, garantendone
il benessere economico e la buona qualità di vita.
Cala Azzurra