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Dimenticata e vandalizzata, la Grotta del Pozzo sconta un incredibile impasse
amministrativo. Da una parte il Comune non può fare nulla perché non ne ha la
competenza; dall’altra, però, nemmeno il Parco Archeologico di Marsala oggi può farsene
carico sia perché non ha il personale che può occuparsene sia perché, essendo diventato
autonomo da appena due mesi, non ha ancora né una tesoreria né i fondi per potere
incaricare una cooperativa che si occupi delle visite della Grotta.
La causa di tutto, come spesso succede, sta a monte. L’autonomia dei Parchi è
stata una brillante idea perseguita e in parte raggiunta dal compianto assessore
Sebastiano Tusa. La parola “autonomia” legata ai Parchi archeologici si traduce
banalmente in questo modo: i Parchi di Sicilia posseggono autonomia finanziaria e
scientifica sulle aree che sono state loro assegnate, tutti i proventi ricavati dai biglietti o
dalle vendite di gadgets e di libri restano al Parco perché possano essere reinvestiti. Ma
anche le idee più intelligenti, se attuate con poca oculatezza, possono creare problemi.
Gli uffici dell’Assessorato dei Beni Culturali, quando hanno ridistribuito le aree ai vari
Parchi, a Selinunte hanno assegnato le Cave di Cusa, Pantelleria, il Museo del Satiro,
Castello Grifeo e l’area archeologica di Roccazzo; al Parco della Valle dei Templi tutte, o
quasi, le aree della provincia di Agrigento; a Marsala, oltre al Baglio Anselmi, hanno
deciso di affidare unicamente la fantomatica Grotta del Pozzo. Di tutte le proprietà