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GNGTS – Atti del 21° Convegno Nazionale / 01.11

1998 ha interessato le aree a NE di Capo S. Vito. Nella loro totalità i meccanismi
focali individuano piani nodali orientati circa NE-SO con meccanismi compressionali
e con una modesta componente destra del movimento, ad eccezione di quello
relativo all’evento del 28 ottobre che mostra invece una componente sinistra (Fig.
10).

       La localizzazione degli eventi della sequenza sismica del 2002 è stata effettuata
con il modello di velocità 1D ottimizzato per l’intero Tirreno meridionale dopo averne
verificato l’adeguatezza. Essa ha fornito una distribuzione ipocentrale allineata lungo
una stretta fascia orientata NE-SO, di spessore crostale, e immergente ad alto
angolo verso NO (Fig. 11).

       Sebbene i risultati dei numerosi test effettuati per verificare l’attendibilità dei
parametri relativi alla posizione ed alla forma della distribuzione ipocentrale
evidenziano un’elevata stabilità della stessa, si è evidenziato che 60 eventi poco
vincolati dai dati sperimentali (4 o 5 tempi per evento) possono essere inclusi in un
cluster localizzato circa 60 km ad ovest di quello principale (Fig. 12) e potrebbero
quindi ricadere nella stessa zona sismogenetica, localizzata in corrispondenza della
struttura del canyon di San Vito, attivatasi durante la sequenza sismica del 1998.

       L’integrazione dei dati sperimentali già utilizzati con quelli acquisiti dalla rete
mobile, che ha operato nel periodo della crisi sismica, potrebbe chiarire l’effettiva
posizione di questi ipocentri.

       CONCLUSIONI

       L’analisi delle distribuzioni ipocentrali dei 2100 eventi registrati dal 1988
all’ottobre 2002 evidenzia nel Tirreno meridionale la presenza di due fasce
sismogenetiche: una ad alto angolo immergente a NO, interpretabile come il piano di
Wadati-Benioff che si sviluppa al di sotto dell’Arco Calabro almeno fino ad una
profondità di circa 400 km, ed una localizzata all’interno della crosta sud-tirrenica
occidentale, che corre parallelamente alla costa settentrionale siciliana.

       La sismicità crostale del Tirreno meridionale è per lo più compresa nella
porzione della catena Maghrebide siciliana che costituisce la zona di cerniera tra la
propria parte emersa e la piana abissale tirrenica; tale transizione è determinata da
un’ampia zona di taglio trascorrente destro, orientato circa est-ovest.

       I risultati di questo studio hanno inoltre evidenziato che la zona di deformazione
attiva è caratterizzata da famiglie di faglie, orientate da NO-SE a O-E con
cinematiche trascorrenti destre, transtensive o transpressive, e da N-S a NE-SO
generalmente transpressive sinistre. Esse accomodano e ripartiscono la
deformazione che si sviluppa in risposta al campo di stress attuale agente nell’area.
Questo è caratterizzato da un asse principale massimo orientato NO-SE (Dewey et
al, 1989; Nigro et al., 2000; Giunta et al., 2002), così come emerge dall’integrazione
tra i dati strutturali e sismologici analizzati.

       I meccanismi focali relativi agli eventi principali indicano, infatti, una cinematica
inversa su piani nodali orientati NE-SO. Questo dato è in accordo con la maggior
parte dei meccanismi focali disponibili per il settore occidentale del basso Tirreno
(INGV).

       Un altro importante elemento che emerge da questo studio consiste nel fatto
che l’attività tettonica recente di questa porzione del margine sud-tirrenico si
concentra principalmente lungo le sopradette strutture orientate NE-SO,
caratterizzate da componenti inverse e/o trascorrenti. La sequenza sismica di
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