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l’isola. Entrambi gli eventi del 15 e 16 gennaio ebbero un’area di avvertibilità molto vasta in accordo con i
dati  strumentali  (Bottari,  1973;  Anderson  e  Jackson,  1987)  che  pongono  le  sorgenti  a  circa  35  km  di
profondità. I meccanismi focali disponibili non danno soluzioni univoche, mostrando soluzioni variabili da
trascorrenti  pure  a  traspressive,  a  inverse  pure,  e  questo  sia  per  il  ridotto  numero  di  osservazioni  di
polarità  che  per  i  differenti  modelli  di  velocità  adottati  (Mckenzie,  1972;  Riuscetti  e  Schick,  1975;
Gasparini  et  al.,  1982;  Anderson  e  Jackson,  1987).  Nel  settore  meridionale  della  ZS77,  in  prossimità  di
Sciacca,  l’attività  sismica  si  manifesta  con  sequenze  di  bassa  energia  che  si  protraggono  anche  per
diversi mesi (1652, 1724, 1727, 1817, 1831). Poiché per quest’area sono disponibili solo dati di sismicità
storica  in  cui  Sciacca  è  spesso  l’unica  località  di  risentimento,  la  localizzazione  delle  scosse  risulta
pertanto  problematica.  In  alcuni  casi  la  sismicità  è  concomitante  ad  attività  vulcanica  sottomarina  nel
Canale  di  Sicilia,  come  nel  1831  quando  si  formò  l’isola  Ferdinandea  nel  tratto  di  mare  tra  Sciacca  e
Pantelleria  (Gemmellaro,  1831;  Mercalli,  1883).  Il  più  antico  terremoto  conosciuto  è  quello  del  1578:
alcune  fonti  scrivono  di  diverse  scosse  che  danneggiarono  gravemente  la  città  di  Sciacca,  mentre  altre
riferiscono  genericamente  di  violente  scosse  (Sanfilippo,  1710;  Savasta,  1729).  Notizie  più  dettagliate
riguardano  la  sequenza  sismica  del  1740.  La  scossa  del  13  giugno  provocò  il  crollo  di  alcune  case  e
gravi  danneggiamenti  in  numerosi  edifici  di  Sciacca  (I  =  VII­VIII);  anche  località  vicine  subirono  qualche
danno  come  Mazara  (I  =  VI).  Nello  stesso  mese  altre  due  scosse,  l’8  ed  il  26  giugno,  danneggiarono
lievemente Sciacca (I = VI).

Zona di background (91)

In  Sicilia  occidentale  un’altra  zona  caratterizzata  da  una  discreta  attività  sismica  è  quella  compresa  tra
Mazara,  Trapani  e  le  Isole  Egadi,  che  nella  zonazione  di  Scandone  et  al.  (1992)  non  viene  considerata
ed  è  compresa  nel  background.  I  terremoti  sono  localizzati  nel  settore  costieroe  caratterizzati  da
moderato  rilascio  energetico.  L’evento  del  7  giugno  1981,  di  magnitudo  Ms  =  4.1,  provocò  danni  a
Mazara e fu avvertito in diverse località della costa fino ad Agrigento; l’epicentro strumentale (dati ING) è
localizzato al largo della costa in corrispondenza del Banco Avventura. I centri di Marsala e Mazara sono
stati interessati in passato da altri eventi minori (Imax = V) nel 1905, 1909, 1923, 1969 (Postpischl, 1985).
I  terremoti  del  1979  e  del  1995,  di  magnitudo  Ms  =  5.2  e  Ml  =  4.4  rispettivamente,  hanno  provocato
invece  lievi  danni  lungo  la  fascia  Trapani­Isole  Egadi  e  sono  localizzati  strumentalmente  a  largo  delle
Egadi. I pochi terremoti storici di cui si ha notizia (1726, 1823, 1828) sono scarsamente conosciuti per cui
non  è  possibile  una  loro  precisa  localizzazione.  Analogie  del  campo  macrosismico  con  quello  dei
terremoti più recenti suggerisce sorgenti sismiche ubicate in mare.
Più a nord, in area tirrenica, i frequenti terremoti della zona di Ustica sono scarsamente definiti in quanto
localizzati  in  mare.  L’evento  più  significativo,  del  1897,  ha  provocato  lievi  danni  nell’isola  (I  =  VI)  ed  è
stato avvertito lungo la costa nord­occidentale siciliana.

IMPLICAZIONI PER LA ZONAZIONE SISMOGENETICA

A  parte  i  terremoti  distruttivi  del  Belice  (1968)  e  quelli  di  Palermo  (1726,  1940),  la  sismicità  della  Sicilia
occidentale  è  caratterizzata  da  sequenze  con  eventi  di  moderata  intensità.  Allo  stato  attuale  delle
conoscenze  non  è  possibile  associare  gli  eventi  sismici  a  strutture  sismogenetiche  ben  definite  anche
perché, in nessun caso, sono stati osservati fenomeni di fagliazione superficiale cosismica a causa delle
basse  magnitudo  degli  eventi  o  della  maggiore  profondità  ipocentrale  (per  es.  Belice).  Tuttavia  la
distribuzione e le caratteristiche della sismicità, unitamente alle evidenze geologiche di tettonica recente
disponibili  in  letteratura,  hanno  permesso  di  formulare  ipotesi  di  affinamento  della  zonazione
sismogenetica  esistente  attraverso  l’individuazione  di  “subzone”  con  differenti  caratteristiche
sismotettoniche (Fig. 6).
La  zona  sismogenetica  76  sembra  essere  attiva  solo  nel  suo  settore  orientale  (ZS  76a).  I  terremoti
sembrano  localizzati  in  mare,  lungo  l’allineamento  Ustica­Palermo­Termini,  che  segue  all’incirca  le
strutture  trascorrenti  destre  orientate  NO­SE  del  Sistema  Sud­Tirrenico  (Finetti  et  al.,  1996).  Possibili
strutture  sismogenetiche  possono  essere  anche  quelle  distensive  a  direzione  prevalentemente  E­O  che
delimitano a nord la Catena Maghrebide (Ghisetti e Vezzani, 1977).
La zona sismogenetica 77 comprende aree con stili sismici differenti. La sismicità del settore più a nord
(ZS  77a)  si  manifesta,  nell’area  di  Corleone  e  di  Grisì,  con  sequenze  sismiche  di  bassa  energia.
Quest’area  di  catena  è  caratterizzata  da  sollevamenti  in  atto  dal  Pliocene  (Ambrosetti  et  al.,  1985)  ed  è
interessata  da  faglie  distensive  e  trascorrenti  di  limitata  estensione  che  interessano  prevalentemente  la
copertura  (Bigi  et  al.,  1991).  Le  limitate  aree  di  avvertibilità  dei  terremoti  studiati  indicano  ipocentri  poco
profondi  associabili  a  strutture  sismogenetiche  superficiali.Più  a  sud,  nell’area  del  Belice  (ZS  77b),  è
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