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LISTA ROSSA DELLA FLORA ITALIANA 5
PREFAzIONE
A cura di Francesco M. Raimondo e Carlo Blasi (Società Botanica Italiana)
Come riconosce anche la recente Strategia Nazionale per la Biodiversità (MATTM 2010), in Italia le
conoscenze relative alla flora spontanea a rischio di estinzione sono ancora oggi lontane dall’essere
esaustive. Non esisteva fino ad ora una Lista Rossa aggiornata con i criteri proposti dalla IUCN (2001).
Dopo l’uscita del Libro Rosso e delle Liste Rosse d’Italia (Conti et al. 1992; Cortini Pedrotti e Aleffi
1992; Conti et al. 1997), si è assistito ad un vuoto durato almeno dieci anni. Solo nel 2005, la Società
Botanica Italiana ha riaperto un dibattito e coinvolto i botanici italiani, nel tentativo di colmare il gap
conoscitivo, a livello nazionale ed internazionale. Si è riusciti quindi a coinvolgere in questo tentativo di
nuovo assessment della flora italiana ai vari livelli geografici gran parte dei botanici italiani interessati al
tema, che hanno risposto con notevole entusiasmo (Rossi et al. 2008a; Rossi e Gentili 2008). Numerosi
sono stati gli incontri promossi dalla Società Botanica Italiana (SBI) fin dal 2006, sui metodi stessi e su
numerosi esempi di indicizzazione per casi target di specie italiane minacciate, proposte dagli stessi
soci. Questo primo grande sforzo collettivo ha portato alla pubblicazione di un supplemento speciale
dell’Informatore Botanico Italiano intitolato “Flora da conservare”, che rimane un punto fondamentale
in questo recente percorso (Blasi e Raimondo 2008; Rossi et al. 2008a,b). Oltre a riprendere ed illustrare
la metodologia IUCN (Gargano 2008a,b; Gentili 2008), questo fascicolo raccoglie le schede di 30
Spermatofite, 2 Pteridofite, 4 Briofite, 2 Licheni e 2 Funghi, come testimonianza dell’efficacia applicativa
dei criteri IUCN ai diversi gruppi sistematici. Questo volume ha rappresentato un punto di partenza, con
un traguardo molto ambizioso e forse assai lontano da raggiungere: la valutazione dello stato di minaccia
di tutta la flora spontanea italiana. La speranza era quella di raggiungere un obiettivo simile in realtà in
tempi rapidi, non però senza il supporto, anche finanziario, delle autorità governative nazionali preposte
alla conservazione della biodiversità, come recentemente avvenuto ad esempio per la Spagna (Moreno
2008). Tuttavia, l’entusiasmo dei botanici italiani non si è spento, anzi è cresciuto strada facendo, anche
perché nel frattempo è aumentato l’interesse stesso della comunità internazionale e della IUCN verso
la biodiversità floristica dell’Italia, grazie anche a contatti ufficiali tra questa organizzazione e la SBI, e
la conseguente possibilità di partecipare a iniziative di assessment a livello più ampio, nell’ambito del
Bacino Mediterraneo e della stessa Unione Europea, oltre che dell’Italia. Nel 2010 si è conclusa la fase
di valutazione delle specie delle zone umide del Bacino Mediterraneo (coste europee, nord africane e
del Medio Oriente), i cui risultati sono disponibili sul sito internet della IUCN (www.iucnredlist.org/
initiatives/mediterranean). Sono stati sottoposti a valutazione ben 473 taxa, durante tre anni di lavoro.
Questa iniziativa IUCN è continuata nel solco di quella precedente incentrata sulla flora delle piccole
isole del Mediterraneo (De Montmollin e Strahm 2005) e lascia ben sperare per la condivisione con la
stessa IUCN di un approccio più biogeografico alla conservazione, come suggerito recentemente da alcuni
autori (Gentili et al. 2010).
La IUCN-Europa, su incarico della EU, ha inoltre prodotto nel 2011 (Bilz et al. 2011) una lista di circa
2000 entità vegetali ritenute tra le più minacciate nell’Unione e anche per il resto d’Europa, in particolare
le specie della Direttiva 92/43/CEE, della Convenzione di Berna, (Policy Species); altri taxa valutati sono
tipici di zone umide. Comprende inoltre un contingente di piante selvatiche parenti di quelle coltivate,
per l’evidente valore intrinseco che questi taxa hanno per la nutrizione umana, almeno potenzialmente,
e quindi da considerare per la conservazione (Crop Wild Relatives - CWR). Si è continuata anche in questo
caso una tradizione non recente, avviata da Lucas e Walters (1976). Per quanto riguarda i CWR, la loro
importanza come potenziali donors per i breeders per le piante agrarie e quindi in definitiva l’interesse
conservazionistico anche per queste piante spontanee utili per l’uomo, si ricordano i tre Workshop
promossi dal Consiglio d’Europa, svoltisi rispettivamente in Portogallo (Faro, 1992), Svizzera (Neuchâtel,
1993) e Italia (Gibilmanna-Palermo, 1994), sotto il titolo “Conservation of the Wild Relatives of the European