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            tonando le parole della mmaccata (come pure si usava denominare il canto, associan-
            dolo alla dinamica dell’atto produttivo). L’altro lavorante (secunna mazza), replicava
            iterando un ritornello costituito da sillabe senza senso. Se i gessai erano tre, due svol-
            gevano la funzione di seconda mazza col pendo i blocchi sincronicamente; quando
            invece si batteva in quattro, due fungevano da prima e due da secunna. L’impatto
            percussivo viene sempre a coincidere con la prima e l’ultima sillaba di ogni verso,
            imponendo l’estrema regolarità del ritmo. I testi sono caratterizzati da brevi parti nar-
            rative, il più delle volte riferite a momenti del lavoro (nell’esempio che segue è con-
            tenuta la richiesta del vino).

                                               Esecuzione: Giovanni Iacono (prima mazza),
                                               Domenico Tutto Lo Mondo (seconda mazza).
                                     Rilevamento: S. Bonanzinga; Raffadali (AG), 21/06/1991.

                  O nicarè,
                    A la la la la!
                  a picciul’è bbè.
                    A la la la la!
                  Porta lu iaschitè
                    A la la la la!
                  e vvivivirè.
                    A la la la la!

               I canti a la issara, di ritmo vivace e intercalati da allegri ritornelli, potevano oc-
            casionalmente essere replicati durante la mietitura, come si può ascoltare in un esem-
            pio registrato da Elsa Guggino a Resuttano (CL) nel 1972 (cfr. Guggino d.1974: brano
            A/2). L’attestazione dimostra la circolarità dei modi di canto tra ambienti di lavoro
            diversi ma contigui, come appunto erano quelli di gessai e contadini.
               Al contesto contadino erano prossimi anche i carrettieri, trasportatori fino a circa
            mezzo secolo addietro di ogni genere di merce (cfr. Guggino 1991). Questo mestiere
            ha avuto in Sicilia una durata relativamente breve, dato che i carretti si iniziarono a
            usare intorno alla seconda metà dell’Ottocento, quando furono realizzate le prime
            strade carrozzabili. Il trasporto delle merci era in precedenza affidato ai muli, unici
            “mezzi” idonei a percorrere gli impervi sentieri dell’Isola. I mulattieri divennero
            quindi carrettieri, e continuarono a esercitare il mestiere fino agli anni Sessanta del
            secolo successivo, quando la crescente diffusione dei trasporti motorizzati rese il car-
            retto del tutto inadeguato ad affrontare le nuove esigenze del mercato. I carrettieri si
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