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Da Santa Caterina alla Colombaia di Giuseppe Romano
mandai una copia trovandomi ultimamente in viaggio per l'Africa."
Un'altra puntigliosa descrizione di quei luoghi di pena viene riportata sa Salvatore Struppa che nel 1877 visitava le due
fortezza di Favignana:
"Il castello è diviso in due piani; l'inferiore è composto da un labirinto di segrete, di mude, di forni, di
pertugi, di stamberghe, di buchi, di tombe; senza uno spiraglio di luce, umide, nere, senz'ordine,
alcune salienti o pensili, altre scavate nel calcare della montagna, e dove giacevano un tempo
ammucchiati centinaia di detenuti politici, gettati là dalla sbirraglia del Borbone. Le mura interne
mettono a nudo le loro forme massicce, gli usci delle segrete si sgretolano e si contorcono sotto
l'azione dissolvente dell'umido che gocciola continuamente, tal che ti sembrano cento boccacce nere,
spalancate e bavose che fanno la smorfia delle maschere antiche. Adesso non più quel brontolio di
condannati, quello strepitaccio di catene, di chiavistelli, di catenacci, di calci di fucile, di sciabole
strascinanti; non più quel grido prolungato e desolante delle sentinelle, quei comandi brevi e a denti
serrati dei tenenti di presidio, quelle figure melense di soldati napoletani, non più quelle voci fioche e
cupe di canzonacce, di giuochi, di bestemmie, di gemiti, di preghiere, di baruffe, di supplizio, di
morte. A destra, in principio di un andito oscuro v'ha una scala che conduce ad una fossa orrenda,
capace di dieci persone appena e dove ve n'erano cumulate cinquanta, scavata nella roccia, a volta
bassa e con un filo di luce che viene a morire in quell'antro tenebroso. Quasi di rimpetto all'ingresso
dell'andito oscuro, ve n'è un altro che similmente conduce, senza alcuna discesa, ad un'altra
sepoltura, priva affatto di luce, e dove furono intombati non pochi messinesi, arrestati una sera in
teatro e trasportati con il piroscafo, immediatamente, al forte di Santa Caterina. A sinistra, all'angolo
di prospetto che si presenta appena si esce nell'atrio, v'ha una segreta nera come la morte, umida e
fetida (la fossa ove era stato detenuto il Nicotera n.d.r.)(…) questa poderosa reliquia della miseranda
spedizione di Pisacane, giacque per molto tempo in quella buca tremenda (seguono le descrizioni
delle iscrizioni a carbone fatte dal Nicotera - vedi sopra - n.d.r.). All'angolo destro, sullo stipite interno
della stessa segreta, sotto l'influenza della luce di un fiammifero, lessi un'altra iscrizione carbonica,
che dice: Per qui si va nella città dolente. -
a questo punto lo Struppa ci ricorda che quando Salvatore Maniscalco venne a visitare quel luogo fece discendere al
Bagno di San Giacomo tutti i condannati che si trovavano alla Fortezza di Santa Caterina.
Anche a "quelle viscere borgiane" di Maniscalco parve terribile questo luogo di pena; a vedere quelle
facce itteriche, quegli occhi iniettati di sangue, quelle fisionomie stravolte, quelle vittime del delitto
comune e del principio politico, rinchiuse alla carlona e asserragliate dentro quelle mude acquose,
fradice e purulente, quella jena si commosse, ebbe pietà, forse gemette, e nello slancio spontaneo
della sua anima polluta , si ricordò di quelle sublimi parole del divino Alighieri….
Nel muro di rimpetto a quel pertugio pieno di lombrichi e d'immondezze, v'ha un incavo capace di un
uomo all'impiedi; era il posto della sentinella che faceva la guardia a vista a quell'uomo temuto dalla
tirannide (Giovanni Nicotera n.d.r.).
Ma, quello che più attira l'attenzione dello Struppa è la scoperta di un "trabocchetto" ovvero un sotterraneo carnefice
dove si seppellivano uomini vivi, come ve n'erano in tutti gli antichi castelli d'Europa. La descrizione che ne segue è
terribile:
" (…) ma avere sotto i propri occhi un luogo cosiffatto, discendervi per mezzo di una scala a pioli,
studiarlo con la morta luce di un cerotto, analizzarlo, osservarne le astuzie, le malizie, le perfidie,
dire: sono dentro ad un trabocchetto e se qualcuno mettesse la cateratta alla botola per cui sono
disceso, io sarei spacciato; dire: in luoghi come questo morirono migliaia di vittime del fanatismo
religioso, della ragione di Stato, del furore di gelosia, del tradimento e dello spergiuro (…) In quel
luogo tremendo tutto era acqua; le pareti stillavano acqua, il tetto ne spremeva lo stesso, il terreno
era ingombro di calcinaccio verdastro e fangoso e al confine della volta granitica usciva l'estremità di