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Da Santa Caterina alla Colombaia di Giuseppe Romano

qualche finestraccia, è costruita, specialmente nei due poderosi corpi aggettanti difesi da torrette poggianti su
barbacani, con grossi conci di tufo ocra - giallastri estratti dalle numerose cave esistenti nell'isola.
Per risalire alle origini del Forte di Santa Caterina bisogna fare un balzo indietro nel tempo fino ad arrivare al periodo
della dominazione normanna in Sicilia.
Il Conte Ruggero II° che sarà incoronato successivamente, nel 1130 Re di Sicilia dall'Antipapa Anacleto II°, si
apprestava nell'anno di grazia 1123 ad adunare, presso Marsala, la sua flotta di 300 navi e le sue milizie per partire
alla volta dell'Africa in cerca di nuove conquiste.
Tre anni prima di questo storico evento, Ruggero II° con un Editto Regio aveva stabilito che l'isola di Favignana
venisse fortificata con la costruzione, intorno alle torri arabe di avvistamento, di tre castelli che secoli dopo
prenderanno i nomi di Santa Caterina, San Giacomo e San Leonardo.
Se, quindi, le prime fortificazioni risalgono al periodo normanno, si deve, in seguito, ad Andrea Riccio signore
dell'isola, l'edificazione del castello (e probabilmente la sua conformazione attuale) nel 1498.
Fin qui brevemente la storia della fortezza che ancora non veniva utilizzata come luogo di pena.
E' con i Borboni, infatti, qualche secolo dopo, che Favignana diviene tristemente famosa per la "fossa" di Santa
Caterina. (U carciri di Santa Catarina è ammintuatu, cu trasi c'a parola, nesci mutu") - il carcere di Santa Caterina è
ben conosciuto: chi entra con la parola, esce muto -
Il carcere "duro" per antonomasia, nulla di paragonabile a qualsiasi tipo di regime penitenziario odierno. L'odierno
regime carcerario del 41 bis al confronto è una villeggiatura!
Ecco cosa scrive Alexander Dumas, nel suo romanzo "I Borboni di Napoli" parlando della fortezza di Santa Caterina:

         "Per coloro cui Sua Maestà faceva grazia, vi era la fossa della Favignana, cioè una tomba.
         Prima di arrivare in Sicilia, il viaggiatore che va da Occidente ad Oriente, vede sorgere dal seno del
         mare, fra Marsala e Trapani, uno scoglio cui sovrasta un forte: è Favignana, l'Aegusa de' Romani;
         isola fatale. Era già una prigione al tempo degli imperatori pagani; una scala scavata nella pietra,
         conduce dalla sua sommità ad una caverna posta a livello del mare; una luce funebre vi penetra
         senza che mai questa luce sia riscaldata da un raggio di sole; cade un'acqua agghiacciata dalla vólta,
         pioggia continua ed eterna che rode il granito più duro, e che uccide l'uomo più robusto.
         Iddio vi guardi dalla clemenza del Re di Napoli!
         Del resto, i pochi condannati che passassero dalle prigioni di Napoli alla fossa della Favignana, non
         trovarono gran differenza fra l'accusa ed il castigo."

Ed ecco come il Generale Pietro Colletta nel suo libro "Storia del Reame di Napoli dal 1734 al 1825" descrive il
Castello di Santa Caterina: (…)

         stabilirono, per tener viva la tirannide, scrivere ogni giovedì le sentenze, pubblicarle il dì appresso,
         eseguirle nel sabato; a chi delle capitolazioni condannati mutava il re la pena di morte in ergastolo
         perpetuo dentro la fossa di Santa Caterina, nell'isola della Favignana.
         Quest'isola dei mari di Sicilia, Aegusa dei latini, e fin di allora prigione infame per i decreti dei tiranni
         di Roma, s'erge dal mare per grande altezza in forma di cono del quale, in cima, sta fabbricato un
         castello.
         E dal castello per iscala tagliata nel sasso, lunga nello scendere quanto è alto il monte si giunge ad
         una grotta, da scarpello incavata, che per giusto nome chiamano fossa. Ivi la luce è smorta, raggio di
         sole non vi arriva; è grave il freddo, l'umidità densa; vi albergano animali nocevoli; l'uomo, sano e
         giovine, presto vi muore.

Il Bagno del Forte di Santa Caterina ospiterà una moltitudine di patrioti liberali in quanto oppositori del
conservatorismo regio.
Tra i primi "bagnanti" politici deportativi, figurano i patrioti nel nel 1820 si ribellarono all'assolutismo dispotico di
Ferdinando II° che aveva tolto alla Sicilia la sua tradizionale autonomia dopo il Congresso di Vienna (1815).
Dopo i moti del 1848 che infiammarono l'Europa intera, le carceri di Santa Caterina si riempirono nuovamente di
patrioti, tra i quali, dopo l'infelice spedizione di Sapri di Carlo Pisacane (1857) il più tristemente noto fu senz'altro il
barone Giovanni Nicotera.
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