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Da Santa Caterina alla Colombaia di Giuseppe Romano
voce del Nicotera. Finchè egli era detenuto nella Fortezza di Santa Caterina non gli fu possibile alcuna comunicazione;
al San Giacomo, invece, malgrado che una sentinella armata stesse di notte alla porta della cella ebbe modo di
comunicare con i suoi amici fuori dall'isola e con il consolato inglese a Palermo tramite i "pizzini" che i carcerieri
Francesco D'Ancona e Giuseppe Bussetta portavano fuori nel pane o nel fondo di una bottiglia, facendoli pervenire al
farmacista Andrea Li Volsi, il quale li faceva avere al Comitato Insurrezionale di Trapani. Con lo stesso sistema i
"pizzini" entravano in carcere e quando il vecchio guardiano D'Ancona pensò di essere sospettato, decise di far
recapitare i messaggi scritti facendoli cucire dentro la suola delle scarpe dal calzolaio del carcere Vito Fina.
Si narra che Garibaldi, in navigazione con il "Piemonte", alla volta di Marsala l'11 maggio 1860, costeggiando l'isola di
Favignana osservò la Fortezza di Santa Caterina e, asciugandosi una lacrima, esclamò: "Lassù sta il povero
Nicotera!!". (non poteva sapere che da alcuni mesi era stato trasferito a Castel San Giacomo).
E quando il 16 maggio 1860, Nicotera liberato per volontà di Garibaldi, lo raggiunse a Palermo egli appariva: giallo
come un popone vernino, con gli occhi verdi e la pelle attaccata alle ossa.
Ed è a proposito della carcerazione del patriota Nicotera che il cavaliere Giuseppe Polizzi, bibliotecario alla
Fardelliana di Trapani, il 18 luglio del 1876 ebbe a visitare quelle terribili prigioni allo scopo di scrivere la storia di
quella fortezza ove tanti e tanti valentissimi scontarono in diverse epoche e sotto il governo dei Borboni, il peccato
dell'amor di Patria.
Riportiamo per intero il testo del "reportage" per avere un' idea delle condizioni di vita dei prigionieri dell'epoca:
"del carcere di Santa Caterina ebbi a scrivere qualche mese fa, che converrebbe conservarlo come
un monumento classico nel suo genere: un monumento di barbarie!
Passando attraverso un corridoio arcato vi si aprono ai lati due prigioni: una a destra quella di
Giovanni Nicotera, a sinistra quella ove stettero rinchiusi i suoi 15 compagni, misero avanzo della
spedizione di Sapri.
Penetrato nella prima delle due, la più orribile, col sacro orrore di chi passa per un luogo direi quasi
santificato dalla sventura e dall'amore di Patria, in principio non vidi nulla, tanto è grande il buio che
regna dentro a questa bolgia di Dante. Feci portare alcune candele e, al lume di esse, potei averne
una completa idea. Sonvi in quella fossa due letti da campo o giacigli in pietra larghi all'incirca
m.2,40, lunghi m.7,20; dal suolo alla volta lo spazio non è più alto di 4 metri.
Nelle mura del carcere trovai scritte a lettere di carbone le iscrizioni che seguono e che vi trascrivo
nella loro più genuina esattezza epigrafica. Nel muro di sinistra del carcere:
FU QUESTA TREMENDA/ SEGRETA DOVE GIACQUE/ GIOVANNI NICOTERA/ VITTIMA DI
QUELLA INFAME DINASTIA/ SBALZATA PIU' TARDI DAL TRONO DI NAPOLI/ PER SUA
COOPERAZIONE
Evidentemente fu scritta dopo il 1860 e la escarcerazione del condannato. Nel muro stesso c'è un
loculo per il lume. Di fronte, sull'altro giaciglio a destra, è quest'altra terribile epigrafe:
IDDIO LIBERI UNO/ SVENTURATO DI/ QUESTO LUOGO CHE SENZA IL SUO AIUTO/ VI TROVA MORTE
Vicino ad essa leggasi:
QUI FU SEPOLTO LO SVENTURATO ERGASTOLANO POLITICO GIOVANNI NICOTERA
Nella stanza stessa è quest'ultima tristissima iscrizione:
O TU CHE AVRAI LA SVENTURA/DI STARE IN QUESTO LUOGO/PREPARATI A SOFFRIRE
TUTTI I TORMENTI/ SARAI PUNZECCHIATO DA MIGLIAIA DI ZANZARE/OPPRESSE DAL
FUMO/QUANDO PIOVE VEDRAI SORGERE L'ACQUA DAL SUOLO/SARAI AFFLITTO DA
FORTI DOLORI A CAUSA DELL'UMIDITA'/CHE TI FARA' TROVAR TUTTO BAGNATO/SARAI
APPESTATO DAL FETORE DEL/VICINO LUOGO IMMONDO/
Le due ultime iscrizioni sono di mano del barone Nicotera come mi assicurò egli stesso, a cui ne