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Da Santa Caterina alla Colombaia di Giuseppe Romano

                               FAVIGNANA: CARCERE DI MASSIMA SICUREZZA!

Dopo l'emanazione dell'Ordinamento Penitenziario (1975) le rivendicazioni dei detenuti diventarono ogni giorno più
insistenti. Ci furono rivolte dappertutto. In particolare le proteste che esplosero nelle carceri durante l'estate del 1976
furono diverse dalle precedenti forme di protesta: le rivendicazioni, infatti, erano legittimate dalla mancata attuazione
delle riforme contenute nell'Ordinamento Penitenziario entrato già in vigore da un anno. Le proteste, quindi, si
caricarono anche di un significato politico. Seguirono gravi episodi di violenza contro e fra i detenuti, nonché epiche
evasioni di massa.
Anche gli agenti di custodia, stanchi e abbrutiti da turni di servizio estenuanti, da enormi carichi di lavoro, stanchi dal
correre giornalmente gravissimi rischi, uscirono allo scoperto con proteste e rivendicazioni.
La situazione carceraria, in quegli anni, si era fatta incandescente. Il 13 gennaio 1977 a seguito di ulteriori gravissimi
fatti di sangue, nonché evasioni, fu proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri - Giulio Andreotti - l'applicazione
in tutte le carceri dell'art.90 dell'Ordinamento Penitenziario, cioè la sospensione della riforma e quindi di tutti i diritti da
essa riconosciti ai detenuti.
Nel maggio 1977, dopo la discussione sull'ordine pubblico avvenuta tra le forze politiche, il governo predispose un
importante decreto interministeriale intitolato " Per il coordinamento dei servizi di sicurezza esterna degli istituti
penitenziari", in forza del quale venne attribuito al Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa il potere di
coordinamento per la sicurezza interna ed esterna degli istituti penitenziari. Lo stesso giorno della pubblicazione del
decreto, il Ministro di Grazia e Giustizia Bonifacio, diramò una circolare rivolta ai direttori dei penitenziari ove "si
raccomandava la più ampia collaborazione con il Generale Dalla Chiesa, agevolandone i compiti, specie fornendo
ogni necessaria informazione circa la sicurezza, l'ordine e la disciplina all'interno degli istituti".
L'obiettivo del Generale Dalla Chiesa era quello di individuare le carceri più sicure ove destinare i detenuti ritenuti più
pericolosi.
Nel frattempo, a Favignana comincia a diffondersi la notizia di un probabile potenziamento del carcere. A confermare
le voci fu la visita del Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa che giunse sull'isola in elicottero, fece una
ricognizione, parlò con il direttore del carcere e decise che la Casa di Reclusione di Favignana sarebbe diventata una
delle cinque "prigioni fortezza" d'Italia.
Con Decreto Interministeriale del 4 maggio 1977, Favignana entra a far parte, insieme a Cuneo, Fossombrone,
Asinara e Trani, delle "Carceri Speciali"1.
Castel San Giacomo diventa così, un "supercarcere" e nella sua breve carriera di superfortezza ospiterà terroristi di
ogni specie e fior di delinquenti che si erano ricavati posti di rilievo nel panorama della criminalità italiana.2
Ma, alla prima protesta di un gruppo di detenuti, piuttosto che tornare indietro e rinunciare al progetto della
superfortezza, il Generale Dalla Chiesa se la prende con il direttore del carcere, dell'epoca, Giuseppe Mulè,
accusato di mancanza di omogeneità nell'applicazione delle norme interne e lo fa trasferire in Piemonte.
Ad incrinare la leggendaria invulnerabilità del supercarcere provvide un clamoroso episodio accaduto il 9 novembre
1977, che farà finire l'isola sulle prime pagine dei giornali, con titoli a caratteri cubitali: "Superfortezza espugnata; in 3
evadono da Favignana".
Ma vediamo come si svolsero i fatti. A conclusione dell'ora d'aria, nel pomeriggio del 9 novembre 1977, undici
detenuti aderenti a movimenti di estrema sinistra, si rifiutano di entrare nelle celle e vogliono parlare con il giudice di
sorveglianza di Trapani, dr. Vincenzo Marino. (…) Quando il giudice arriva a Favignana, la situazione sembra sotto
controllo. I detenuti prospettano tutti quei problemi che comporta una sede disagiata qual è l'isola. Ma, dopo pochi
minuti la situazione precipita: comunicano che tre dei loro compagni sono fuggiti, ed esattamente: LUCIANO
DORIGO (di Venezia, uno dei presunti rapitori del giovane torinese Tony Carello, figlio dell'industriale che fabbrica
accessori per auto); OSCAR SORCI (di Torino, precedenti per associazione per delinquere, rapina; MARCELLO DE
LAURENTIS (di Napoli, l'unico appartenente ai N.A.P. - Nuclei Armati Proletari - ha un curriculum criminale di tutto
rispetto: concorso in sequestro di persona, possesso di materiale esplosivo, tentato omicidio, attività sovversiva
contro lo Stato).
Sono momenti di grande tensione; scatta il coprifuoco nell'isola. Con molta amarezza si constata come non siano stati
sufficienti i sistemi elettronici, i controlli più assidui, per impedire che i detenuti si organizzassero e mettessero K.O. il
supercarcere di San Giacomo, ritenuto sicurissimo.
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