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Da Santa Caterina alla Colombaia di Giuseppe Romano

                    …QUEL GIORNO CHE GIOVANNI FALCONE FU SEQUESTRATO…

Alla Casa di Reclusione di Favignana è legato un episodio poco conosciuto della vita del giudice Giovanni Falcone: il
sequestro del magistrato ad opera di un detenuto appartenente ai N.A.P. (Nuclei Armati Proletari) avvenuto l'8
ottobre del 1976. Quella che segue è la versione romanzata dell'accaduto:
Quel venerdì 8 ottobre 1976, sembrava un giorno come un altro. In carcere, tutti i giorni sono uguali: scanditi da un
monotono ed implacabile ritmo di vita. E questo non valeva solo per i detenuti ma anche per noi agenti di custodia.
Nove ore di servizio al giorno tra cancelli, sbarre e detenuti "speciali".
Nel supercarcere dell'isola di Favignana, tutti i detenuti erano pericolosi: terroristi, banditi sanguinari, detenuti comuni
che si erano politicizzati in carcere ed avevano quindi aderito alla lotta armata.
Quella mattina, il giudice di sorveglianza arrivò puntuale in istituto, nonostante le condizioni del mare non
assicurassero il rientro a Trapani. Era un uomo molto ligio al dovere e in quel periodo turbolento, la sua presenza
quasi quotidiana nel supercarcere, era rassicurante.
Un appuntato aprì il cancello della portineria interna, quella che dava l'accesso alle sezioni. Il giudice salutò con un
breve ceno del capo e ci sorrise. Un sorriso aperto, stampato su un viso rotondo, perfettamente rasato. Indossava
un vestito color ecrù e dimostrava meno dei suoi trent'anni.
Si accomodò nella sala riservata ai magistrati, tirò fuori dalla sua valigetta in pelle un foglietto e lo porse al brigadiere
Spagnolo: la lista dei detenuti cui avrebbe concesso udienza quel giorno era come al solito fitta di nomi. Insieme ad
altri tre colleghi mi avviai a prelevare i detenuti dalle celle, per accompagnarli dal magistrato.
Le udienze andarono avanti fin oltre mezzogiorno. L'ultimo detenuto della lista era Vincenzo Oliva, condannato a 29
anni di reclusione per omicidio a scopo di rapina, questi aveva aderito in carcere ai Nuclei Armati Proletari e si
definiva un "militante anarchico individualista…".
Oliva aveva un cespuglio al posto dei capelli, difatti erano talmente ricci e lunghi che avrebbe potuto benissimo
nascondervi qualsiasi oggetto di piccole dimensioni. Non appena fu introdotto nella sala colloqui, senza perder tempo
si portò la mano alla chioma e ne uscì fuori un coltello rudimentale.
Come in un sogno, vidi il giudice alzarsi di scatto ed ingaggiare una breve lotta per disarmarlo. Pochi attimi. Il tempo
di precipitarci dentro la stanza ed il giudice era stato già immobilizzato. Oliva gli puntava il coltello alla gola e con un
braccio gli serrava il collo impedendogli di fare qualsiasi movimento. Il giudice ci invitò ad uscire fuori dalla stanza per
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