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figg. 9-10 - Spettri porosimetrici dei campioni MRTT11 (intonaco; a sinistra) e MRTT Il restauro del Castello di Punta Troia di Marettimo:
6 (calcare dolomitico; a destra). Si osservi come l’elevata porosità totale dell’intonaco risultati preliminari delle indagini diasgnostiche
(33,2%) sia data per oltre il 50% da famiglie di pori aventi diametro ≤ 1 m. Come
è noto, meso e micropori sono i principali responsabili di comportamenti “gelivi” e
di scarsa resistenza alla cristallizzazione salina da parte di materiali lapidei e litoidi
mediamente o molto porosi.
sempre caratterizzato da contenuti significativi di sali
solubili, specie se in relazione a campioni prelevati da
conci affetti da alveolizzazione (# MRTT 1 = 4% in peso,
con netta prevalenza dello ione cloruro), il litotipo assai
più compatto, risultato essere un calcare dolomitico, si
caratterizza per contenuti totali molto bassi (0,09 e 0,54
% nei due campioni analizzati; cfr. Tab. 3). Ciò trova
spiegazione nelle caratteristiche porosimetriche della
pietra che si contraddistingue per avere valori di porosità
aperta totale raggiungibile dal mercurio (Normal 4/80;
Antonelli, Cancelliere, 2004) molto bassi, pari a 1,17%,
9 con un diametro medio dei pori di 0,0041 micron (Figg.
13-14 e Tab. 4).
La presenza di materiali spesso caratterizzati da
elevata porosità e quindi da più facile permanenza di
umidità sulla superficie delle murature, unitamente al
microclima dell’area, hanno favorito lo sviluppo di intensi
ed estesi attacchi biologici (patine grigio-verdastre e
piante infestanti). Onde definire la natura dei principali
biodeteriogeni presenti, tre campioni delle tipologie di
materiale in opera maggiormente affette da tale forma
di degrado (#MRTT 3: “tufo calcareo” e #MRTT 13-14:
intonaco) sono stati sottoposti a indagini biologiche allo
stereomicroscopio e su vetrino in soluzione fisiologica. In
10 tutti i casi, le superfici dei tre campioni hanno evidenziato
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