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sempre il fenomeno invasivo è causato dall’uomo, ma sussistono molti casi di introduzione
di specie varie, rivelatesi invasive, tramite barriere naturali o per mezzo delle stesse
correnti marine. Si pensi in tal senso alla presenza di corridoi marini naturali o di canali,
come quello di Suez, che possono favorire, come già accaduto, l’introduzione di specie
alloctone nuove. Uno dei modi che è stato impiegato per cercare di combattere le invasioni
di specie alloctone ed allo stesso tempo salvaguardare la biodiversità naturale, è stato la
istituzionalizzazione delle Aree Marine Protette, zone in cui viene preservata la
biodiversità autoctona al fine di mantenere stabili gli equilibri naturali. Purtroppo anche
nelle Aree Protette si assiste a numerosi fenomeni invasivi che spesso sono da imputare
all’eccessivo sfruttamento delle risorse marine. Bisogna anche fare presente che di
frequente le aree maggiormente a rischio di invasione sono quelle in cui si ha un alto
livello di disturbo antropico e stress (Ashton e Mitchell 1989, Rejmanek 1989, Case 1996,
Moyle e Light 1996). Questo agisce in maniera diversa all’interno di una comunità
strutturata, sia incrementando le risorse limitanti (spazio, luce e nutrienti), sia
determinando lo sviluppo di comunità che sono per così dire ‘’ non saturate’’ in termini di
numero di specie o ‘’immature’’ in termini di successioni ecologiche. I vari tipi di disturbo,
come ad esempio l’inquinamento e l’eccessiva eutrofizzazione derivante da esso, che una
determinata area può subire, portano ad un aumento della vulnerabilità della comunità nei
confronti delle specie introdotte (Hobbs 1989, Pimm 1989). Gli effetti del riscaldamento
climatico globale sono una causa primaria degli stress fisiologici che agiscono in maniera
più forte sulle specie già prossime ai loro limiti di tolleranza (Laubier 2001). Lo stress
dovuto alle temperature anomale può causare mortalità di massa negli organismi bentonici
(Pérez e altri 2000, Garrabou e altri 2001) da cui risulta uno ‘’svuotamento’’ delle nicchie
ecologiche per i nuovi colonizzatori. Le specie introdotte diventano invasive nel momento
in cui possiedono il potenziale di trasformare effetti ecologici transitori, generati da una
temporanea deviazione dell’originale regime di disturbo, in cambiamenti permanenti. Il
caso del genere Caulerpa può essere considerato un esempio rappresentativo delle
dinamiche di invasione delle specie aliene. Questo genere algale, per via della sua struttura
a stoloni, è in grado di svilupparsi su tutti i tipi di substrato (Meinesz e altri 1993, Infantes
e altri 2010) ed è responsabile del livello di allarmismo riguardante gli eventi invasivi in
tutto il mondo (Meinesz e altri 2001, Glardon e altri 2008). Infatti, anche piccole differenze
nella copertura algale del substrato possono provocare cambiamenti inaspettati nelle
comunità bentoniche associate (Cebrian e Ballesteros 2009). Con molta probabilità, la
presenza di C. racemosa lungo le coste dell’isola di Levanzo è imputabile al dislocamento
di frammenti stoloniferi dell’alga provenienti forse dalla già colpita isola di Favignana.
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