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(environmental carrying capacity), quando le condizioni ambientali sono mutate e la
competizione inter- ed intraspecifica si fa troppo severa per l’invasore.

Le invasioni si distinguono per la rapidità dell’incremento demografico dell’invasore
alieno e per l’aggressività nell’occupazione degli spazi favorevoli. Possono essere legate
alla strategia riproduttiva “r” od essere il frutto di fluttuazioni di una strategia “K”: in
entrambi i casi le entrate con il reclutamento superano di gran lunga le perdite ed il saldo
attivo si mantiene fino alla saturazione dell’habitat disponibile, o finché non intervengono
ostacoli esterni.

In Mediterraneo i fenomeni di invasione sono sempre all’opera e la maggior parte abortisce
dopo un plateale e rapidissimo boom iniziale. Una diffusa modalità di dispersione,
ricorrente tra le specie invasive, si avvale di un’iniziale “onda biologica” (biological wave)
consistente in una massiccia proliferazione della specie nel nuovo habitat, seguita da una
graduale riduzione numerica, dovuta spesso alla pressione crescente di predatori e
parassiti, che ne modula un inserimento più armonico nella biocenosi. Inoltre questo
decremento numerico spesso coincide con un cambiamento repentino delle condizioni
ambientali tale da impedire la sopravvivenza delle specie aliene.

 In tal senso il caso della C. racemosa risponderebbe bene al modello esponenziale di
invasione appena citato, almeno per quanto riguarda le prime fasi di invasione delle coste
siciliane. Le prime segnalazioni, infatti, mostrerebbero l’attacco dell’alga soprattutto ad
ambienti instabili e degradati, a sabbioni grossolani privi o quasi di insediamenti come se,
in ultima analisi, l’aumento del degrado ambientale avesse favorito l’insediamento delle
suddette Caulerpe.

Attualmente tutto il Golfo di Catania, così come il litorale antistante i complessi industriali
di Priolo-Augusta, è invaso da Caulerpa racemosa. In questa fase storica di
colonizzazione, non vanno poi trascurati i cambiamenti dei parametri ambientali principali
che hanno luogo nel nostro mare, riferibili al “global change” climatico, e che sembrano
favorire le specie e le comunità ad affinità tropicale. Un’attenta analisi della distribuzione
siciliana delle due specie alloctone ci permette di dire che C. racemosa si è rivelata, per
l’aggressività dimostrata nell’occupare degli spazi favorevoli, più vincente di C. taxifolia.
Nello stretto di Messina, quest’ultima è regredita sia nel versante messinese che in quello
calabro e recenti avvistamenti ne segnalano pochi ciuffi a -30 m.

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