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17/11/2020      Tonnare e saline: una connessione economico-produttiva importante nella storia economica del litorale siciliano. – Cose di Mare
         sterilizzazione delle scatole metalliche da destinare alla conservazione dei cibi.
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         Con notevole ritardo rispetto ad altri cibi [14] , fu solo nel 1868, proprio  CHI SIAMO  CONTATTI  METEO
         quando Vincenzo Florio concludeva la sua parabola terrena, che
         l’appertizzazione fu applicata al tonno. La storia commerciale del tonno
         incrociava quella della banda stagnata [15] , meglio nota come latta che  no al
         1882 l’Italia dovette importare, non essendo in grado di produrla.

         Al passaggio dal sale all’olio, fece da pendant, sotto il pro lo del packaging,
         l’abbandono del legno a favore del metallo, scomparendo, così, un segmento
         tradizionale dell’indotto della tonnara: i mastri barillari. A questi ultimi in
         particolare veniva a data la costruzione dei tini, in cui veniva salato il tonno, e
         dei barili (di trentasei chili di capienza) [16] , in cui veniva poi stipato. Questi
         artigiani erano soliti trasferirsi, anche per lunghi periodi di tempo, dalla loro
         bottega direttamente nelle tonnare, dove eseguivano i lavori richiesti dal rais
         di terra. Al loro spostamento  sico si accompagnava un vero e proprio travaso
         -immateriale- di sapere artigianale dall’indotto del comparto vitilvinicolo a
         quello del comparto ittico, più precisamente dai bagli enologici alle tonnare.


         Le altre tonnare dovettero adeguarsi alla nuova frontiera tecnologica  ssata
         dai Florio. Al cavaliere Angelo Parodi [17] e ad altri capitani d’industria
         genovesi, che si erano ricavati, già dal 1857 [18] , un posto di primo piano
         nella gestione delle tecnologie per la conservazione in scatola degli alimenti, si
         rivolserò i follower dei Florio. Tra loro, negli anni ’10 del Novecento, il cavaliere
         Pietro Bruno di Belmonte che, tra il 1897 ed il 1907, era entrato in possesso
         dell’impianto di Porto Palo (Siracusa).


         Se, col sale, l’economia del tonno era rimasta, per così dire, “aggrappata” al
         litorale, con l’olio, invece, essa si volse verso l’entroterra contadino. L’olio si
         poneva, invero, come trait d’union tra l’economia costiera delle tonnare e
         quella rurale organizzata attorno ai c.d. bagli.


         Gianluca Serra gianlucaserra.gs@libero.it

         [1] Anche se gli archeologi hanno rinvenuto resti di orci in cui, già in età antica,
         il tonno veniva conservato sott’olio, è ragionevole ipotizzare che,  no alla
         metà del XVI secolo, la salagione rappresentò l’unica tecnica utilizzata su larga
         scala per sopperire alla deperibilità delle eccedenze di pescato. Proprio
         intorno alla metà del XVI secolo, con l’arrivo dai mari del nord sui mercati
         mediterranei del baccalà e dello stocca sso, alla salatura si aggiunsero le
         tecniche dell’essiccazione e dell’a umicatura..

         [2] Il porto di Trapani, dalla seconda metà del XVI secolo diventò il più
         importante d’Europa per l’esportazione del prezioso sale: gli “schifazzi”, barche
         a vela particolari appositamente impiegate per il trasporto dell’ “oro bianco”,
         percorrevano frenetici i canali dalle saline al porto. La crisi del settore giunse
         alla  ne dell’Ottocento a causa della concorrenza sarda, all’interno
         dell’uni cato -anche doganalmente- Regno d’Italia, nonché al progressivo
         a ermarsi di metodi di conservazione dei cibi diversi dalla salagione.


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