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72                            Parte prima. Ai margini della periferia

            rigeva la fabbrica chimica. Essendo vissuto a Palermo sin qua-
            si dalla nascita, con i suoi parenti di Bagnara Calabra non ave-
            va mai avuto rapporti e degli altri che vivevano in Sicilia (l’o-
            monimo cugino Vincenzo Florio di Sciacca, Raffaele Barba-
            ro di Marsala e qualche altro) aveva imparato a non fidarsi.
            Meglio l’amico Vincenzo Giachery. Florio quindi era costret-
            to a fare delle scelte, che lo portavano a sacrificare il settore
            dell’industria del tonno a favore di quella armatoriale, in cui
            lo seguivano anche gli eredi di Ingham, i quali – a sua richie-
            sta – nel 1862 acquistavano, investendo i profitti dell’ultima
            pesca delle due tonnare, 20 azioni della società di navigazio-
            ne che Florio aveva appena ristrutturato per meglio far fron-
            te ai nuovi impegni con lo Stato italiano per l’espletamento
            del servizio postale marittimo.



                  LE INDUSTRIE TESSILI, DEL CUOIO, DELLA CARTA,
                              METALMECCANICHE, ECC.


            1. Una serie di scoraggianti sconfitte

               Se l’industria zolfifera e le attività di trasformazione dei
            prodotti agricoli e del mare legate soprattutto all’esportazio-
            ne realizzavano nel quarantennio precedente l’unificazione
            italiana incrementi notevolissimi del volume della produzio-
            ne, cui purtroppo – tranne nell’industria enologica – non
            corrispondevano analoghi progressi sotto il profilo tecnolo-
            gico, le attività più propriamente manifatturiere (tessuti,
            cuoio, carta, ferro, ecc.) non riuscivano in nessun modo a de-
            collare e segnavano una serie di scoraggianti sconfitte. Lad-
            dove cioè l’industria operava per il solo mercato interno, c’e-
            rano – tranne in qualche rara occasione – scarsissime possi-
            bilità di affermazione e di sviluppo. E ciò non tanto (e non so-
            lo) a causa della povertà del mercato locale, che limitava la
            domanda, quanto perché le industrie straniere, assai meglio
            organizzate, riuscivano a fornire prodotti migliori a prezzi
            competitivi, che finivano prima o poi col soppiantare la pro-
            duzione isolana. Per quanti sforzi facesse, l’industria mani-
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