Page 11 - Puntillo_Clemente
P. 11
Ma dopo l’attentato al Re, Florio muta atteggiamento e passa dalla parte monarchica facendo
scrivere che la classe popolare ospita sobillatori che sono “il nemico più temuto” per la stabilità
delle istituzioni e che bisogna assolutamente isolarli e neutralizzarli.
Florio non era più l’industriale rampante delle origini. Adesso iniziava a pensare a come
consolidare il patrimonio industriale e osservare con preoccupata attenzione gli scioperi che si
susseguivano nel comparto marittimo, compresi i cantieri di sua proprietà, e per questo si mise
in una posizione moderata.
Giolitti decise di stare equidistante fra le istanze dei lavoratori e la difesa avanzata dai proprietari
e per questo, il “Ministro della malavita” di Salvemini, fu tacciato dal Giornale come fautore della
“politica dell’inerzia” e di favoreggiamento alla “mafia rossa” per il non intervento statale nelle
agitazioni di piazza.
Florio contro Giolitti significarono l’isolamento pubblico di Ignazio Florio e nessuno da lì in avanti,
sarà più disposto ad assecondarlo.
«L’Ora» ospitò durante la sua prima fortunata stagione, firme prestigiose della politica, della
letteratura e dell’arte italiani.
Ma non bastò: il solco “negativo” del Giornale era già profondo, e in effetti, a ben guardare, già
nel 1900 in occasione delle elezioni anticipate, il quotidiano si mise contro Pelloux appoggiando
Crispi e il Principe di Trabia, forniti di abbondante supporto finanziario da parte del “bottegaio”
Florio.
Un altro candidato dei Florio, Raffaele Palizzolo (https://it.wikipedia.org/wiki/Raffaele_Palizzolo)
fu inquisito per partecipazione mafiosa e intimidazioni verso gli elettori e alla fine processato e
condannato. Il declino economico della famiglia Florio e lo schieramento antigovernativo del
Giornale, procurarono una crisi che nel 1914 costrinse Ignazio Florio a cedere il quotidiano a
Filippo Pecoraino, suo concorrente commerciale (https://it.wikipedia.org/wiki/L%27Ora).
Tutte le disavventure economiche e finanziarie, sono ben narrate e documentate nei testi di
Cancila e Li Vigni, già cennati.
5.- INVESTIMENTI SENZA REINVESTIMENTI – L’ESEMPIO DI BAGNARA.
Il difetto dell’azione imprenditoriale dei Florio risiedette nei c.d. investimenti in ricerca e sviluppo,
che furono scarsi, insufficienti, privi di efficacia.
Le azioni dei Florio si concentrarono, come già
cennato, in acquisizioni a macchia di leopardo ma in
nessuna di esse, la famiglia si preoccupò di
“reinvestire” al fine di elevare la concorrenzialità
commerciale, attraverso innovazioni e allargamento
della fascia del mix commerciale proposto.
Una ad una dunque, le attività dei Florio furono
attaccate dalla concorrenza europea che intanto,
guidata da imprenditori avveduti e attenti a ciò che
accadeva nei mercati, riposizionava i propri prodotti
con rapporti qualità-prezzo sempre più competitivi e
acquisiva capacità contrattuale superiore,
determinata da riserve finanziarie sempre più
consistenti.
Questo vizio di “acquisire” solo per ingrandire, fu
antico e proprio Bagnara ne fu esempio eclatante e
vittima.
A Bagnara l’economia del legno si sviluppò impetuosa
lungo tutto il XVIII secolo per servizi resi alle attività
militari e civili e monopolizzò le forniture di contenitori
di lamelle di castagno fornite ai porti di praticamente tutto il Mediterraneo.
11