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Da Santa Caterina alla Colombaia di Giuseppe Romano

                                         LE OFFICINE DELLO STABILIMENTO

Nei primi anni di inizio secolo nella Casa Reclusione di Favignana erano attive numerose "lavorazioni", officine in cui
venivano impiegati i condannati.
Non mancavano, poi, le opportunità per i reclusi di un lavoro all'aperto, infatti, la mano d'opera degli stessi, sebbene
limitata a parte del periodo estivo, (esattamente per un periodo di 50 giorni l'anno) era stata autorizzata, da quando
esisteva il Penitenziario, per la campagna tonnifera, ove annualmente lavoravano, alla stivatura del tonno in scatola,
centinaia di reclusi (compresi gli arabi che erano stati detenuti).
L'avvicinarsi della campagna tonnifera era sempre molto attesa dai reclusi che, costretti ad intristire nell'ozio forzato,
aspettavano l'occasione favorevole, non tanto per il fine di lucro, quanto per la soddisfazione morale di rendersi utili a
qualcosa, di potere alfine darsi al lavoro. Anche durante la permanenza dei libici, il lavoro alla tonnara non fu sospeso
ed i detenuti vi si recavano sempre in lunghe file.

                                            Una rara foto della sala d'imbottigliamento dello Stabilimento Florio di Favignana
                                                     dove lavoravano anche i detenuti per 50 giorni all'anno (1920 circa)

Nel periodo della grande guerra, trovandosi tutti gli idonei sotto le armi a fare il loro dovere di soldato, anche nell'isola
si ebbe a risentire della deficienza di mano d'opera specie nei mesi estivi in cui bisognava tagliare i pascoli e
raccogliere le messi.
In quel tempo la direzione della CR Favignana chiese al Ministero (che la autorizzò) di poter mandare nelle campagne
squadre di detenuti mietitori. Fu tutto un accorrere di condannati volenterosi: gli arabi prima e gli italiani negli anni
successivi. Tutti i detenuti, nella maggior parte contadini e braccianti, ardevano dal desiderio di ritemprare il loro
spirito nei lavori di mietitura.
I risultati morali e materiali di tale specie di lavoro furono eccellenti: i committenti del luogo ricordavano con piacere
gli anni in cui ebbero a servirsi della mano d'opera reclusa.
Dal trattato "Il lavoro negli Stabilimenti Carcerari e nei RR. Riformatori" del 1923 si apprende che nello stabilimento
penale di Favignana esistono le seguenti officine: Calzolai, Fabbri, Falegnami e Seggiolai.
Officina calzolai
Esistente da decenni, è stata sempre in attività; ha avuto anni di floridezza specie nel periodo anteguerra libica,
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