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Da Santa Caterina alla Colombaia di Giuseppe Romano

                                            DUE EVASIONI IN TREDICI MESI

La casa circondariale di Marsala, negli ultimi anni, sale alla ribalta delle cronache per i gravi problemi di sicurezza
evidenziati da due evasioni riuscite in appena tredici mesi. Carenze di organico, sommate ai problemi strutturali
portano il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria alla decisione di chiudere l'Istituto.
Si arriva ad un passo dalla chiusura ma, a seguito di un'intensa azione sindacale ed interventi da parte della Procura
della Repubblica di Marsala, si decide di sovradimensionare il numero dei detenuti presenti e di lasciare aperto
l'istituto.
E' il 25 aprile del 1998; nonostante sia una giornata festiva, le attività in carcere si svolgono seguendo sempre lo
stesso schema. Alle ore 13.00 i detenuti vanno a godersi un pò d'aria al cortile passeggi, dove si affacciano le celle
dell'istituto marsalese.
Alcuni giocano a calcetto, altri passeggiano, sincronizzando i passi, su e giù per il cortile. Il tunisino Ben Rajeb Beckir,
invece, se ne sta seduto su una panchina ad osservare i movimenti dell'agente di servizio in quella sezione.
Non appena questi gli da le spalle per fare uscire un detenuto dal locale doccia, il Beckir evidentemente dotato di una
notevole agilità, con balzo felino, si aggrappa alla finestra del locale docce, munita di grate in ferro e posta all'altezza
di cm.1,98 dal suolo per raggiungere il piano orizzontale posto 80 cm. Più in alto; da qui, sale sopra il tetto della
guardiola e si arrampica sul muro di cinta tenendosi ai fili intrecciati del cavo dell'antenna TV, ancorati in alto ad un
resistentissimo chiodo in ferro. Da lì raggiunge il limite superiore del muro situato a 3,10 metri dalla base della
finestra; quindi percorre agevolmente il corridoio che porta ai tetti contigui delle abitazioni attaccate alla struttura
carceraria e si procura facilmente una via di fuga. Si sa che la fortuna aiuta gli audaci ed infatti in seguito una perizia
stabilirà che i due fili intrecciati dell'antenna - ciascuno dei quali erano in grado di sopportare un carico di 55 Kg.,
erano idonei a sopportare per un breve lasso di tempo anche un peso di 70 Kg. come quello dell'evaso, non solo
perché intrecciati ma anche perché, come fu dimostrato, il momento di rottura di essi poteva verificarsi solo dopo
circa 4 minuti di tensione.
A causa della grave carenza di organico di polizia penitenziaria, il muro di cinta è sguarnito di sentinelle. Pertanto, è
un gioco da ragazzi per il detenuto tunisino saltare giù dal muro perimetrale, dritto nel fossato che costeggia il
castello e da lì, mimetizzato tra la folta vegetazione riuscire a risalire il muro che si affaccia sulla via Giovanni
Amendola e dirigersi verso la contrada S. Padre delle Perriere, dove lo stesso risiedeva prima di finire in carcere.
Immediatamente scatta l'allarme e la caccia all'uomo da parte di tutte le forze dell'ordine. La caccia all'evaso dura
però solo poche ore. Verso le 16.00 la polizia lo intercetta in contrada Ciavolo; il giovane tunisino, vistosi scoperto, si
lascia ammanettare senza opporre resistenza.
A seguito dell'evasione i sindacati di categoria denunciano con forza le carenze strutturali come la mancanza di un
impianto antiscavalcamento nonchè la carenza d'organico (che costringe gli agenti a prestare servizio,
contemporaneamente, in più posti) che probabilmente stanno alla base della riuscita evasione di Ben Rajeb Beckir.
Ma le protesta rimangono inascoltate e puntuale, dopo soli 13 mesi, il 2 giugno del 1999, evade dal carcere di
Marsala il detenuto mazarese Andrea Godino, appena condannato a 14 anni di reclusione dal Tribunale di Marsala.
Questi, approfittandodel fatto di essere un "lavorante" della lavanderia detenuti e di godere, quindi, di una certa
"libertà" di movimento all'interno dell'Istituto, scappa da una finestra, facendo saltare un vecchio lucchetto arruginito
che la teneva chiusa da anni.
Stavolta la protesta sindacale è veemente, infatti dopo la prima evasione non era stato eseguito alcun intervento che
potesse migliorare la sicurezza dell'istituto.
Per tutta risposta il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, convoca le organizzazioni sindacali con lo scopo
di "sopprimere" l'istituto marsalese, anzichè apportare i dovuti correttivi sul fronte sicurezza e organico.
Il 14 gennaio 2000 due OO.SS., il SAPPE e il SINAPPE, che rappresentano da sole il 70% del personale di polizia
penitenziaria, convocano un'assemblea, dalla quale scaturisce il seguente documento:

"Il personale di polizia penitenziaria della C.C. Marsala, venuto sbalorditivamente a conoscenza dell'intenzione da
parte del Dipartimento Amm.ne Penitenziaria di sopprimere la C.C. Marsala, esprime il proprio disappunto,
rammarico e LA SFIDUCIA nei vertici dipertimentali per un'azione unilaterale, non concordata e priva, allo stato di
alcuna spiegazione logica. Se alla base di tale decisione, che non tiene conto del destino di alcune decine di
lavoratori, ci sono motivi di sicurezza e/o motivi igienici, questo personale vuol far presente che fin dal 1991 sono
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