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Da Santa Caterina alla Colombaia di Giuseppe Romano
Nel 1863, quindi, erano ancora visibili i due lucernai che servivano a dare
luce alle celle sotterranee, come era nello stile borbonico. In realtà,
quando si parla di lucernai, bisogna intendere due buche di forma
quadrata chiuse da robuste grate che facevano passare la luce e l'aria.
I problemi che affliggevano le prigioni siciliane, all'indomani della
fondazione del Regno delle Due Sicilie, erano molteplici, tutti endemici e
assai gravi. Alcuni di essi - come la presenza di strutture decrepite e
fatiscenti, per lo più costituite da antichi castelli baronali, da conventi o da
torri militari in disuso; il sovraffollamento delle carceri, le precarie
condizioni igieniche all'interno di esse e il conseguente scoppio di
epidemie contagiose - erano talmente macroscopici da risultare evidenti
persino agli occhi della poco perspicace burocrazia borbonica, che si
sforzava invano di porvi rimedio.
Altri, come l'insufficienza e la mancanza di professionalità del personale
addetto alle prigioni, o la incapacità di approntare servizi che rendessero
meno aspre le condizioni di vita dei detenuti, consentendo loro di nutrirsi,
di vestirsi, e di non impazzire nell'ozio, pur presentando caratteri di
altrettanta urgenza e gravità, stentavano ad essere focalizzati da una
dirigenza del tutto aliena dal ricercarne le cause e peraltro spesso
impossibilitata a compiere scelte che comportassero rilevanti impegni
economici. Assolutamente insufficiente era poi - in mancanza di strutture
idonee e di un numero di guardiani proporzionato a quello sempre
crescente dei carcerati - la vigilanza sui detenuti, i quali, da soli o grazie
ad aiuti esterni o alla complicità di qualche guardiano, riuscivano ad
evadere con grande facilità.