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Da Santa Caterina alla Colombaia di Giuseppe Romano
Il Procuratore Generale del Regno di Napoli e delle Due Sicilie, Pietro C. Ulloa, nel suo discorso letto nell'udienza del
2 gennaio 1841 innanzi la Gran Corte Criminale di Trapani, puntava il dito su ciò che erano state le prigioni siciliane:
"logore e antiche torri (…) basse ed umide volte incavate nella rupe (…) sotterranei ove veniva rinchiuso chi si
macchiava di misfatti; orride latomie che in seguito scomparvero del tutto essendone vietato l'uso. Continuando il suo
discorso, il Procuratore ammise che per lungo tempo non ci fu accorta vigilanza nelle carceri, quando le fughe
violente ne schiudevano le porte anche ai meno arrischiati (…) e che in un decennio, dal 1829 al 1838 le evasioni con
violenza non furon meno di 239, quelle tentate 194. Non erano rare le evasioni di massa e anche Trapani non sfuggì a
quella triste statistica.
Nella notte del 27 maggio 1829 venne perpetrata una grande evasione di massa dal Carcere di Sant'Anna di Trapani
alla quale presero parte ben 29 detenuti:Addelia o Ondella Orazio, Ajello Antonio, Battaglia Vito, Bellomo Carmelo,
Caruso Gaetano, Colicchia Gaetano, Colicchia Pasquale, Consabella Matteo, D'Alessandro Francesco, Favetta o
Falletta Mario, Farina Andrea, Farina Matteo, Fazio Pietro, Genoviso Michelangelo, Gervasi Giuseppe, Grincaldi
Salvatore, Gripe Michele, Ingola Giuseppe, La porta Luigi, Lo Dico Santo, Lo Dico Serafino, Luparelli Nicola, Maltese
Luigi, Mazzetta Angelo, Munda Tommaso, Napoli Luigi, Pejano Diego, Rizzo Antonino, Saracino Giovanni, Vaccarella
Carmelo.
Il Decreto Organico del personale addetto a' bagni penali in Sicilia emanato il 15 marzo 1853 prevedeva per il Bagno
S. Anna il seguente personale:
1 Comandante di seconda classe con ducati 21 al mese di soldo;
1 meritorio con ducati 4 idem;
1 Cappellano con ducati 12 idem; 3
1 Chirurgo con ducati 16 idem;
1 Comite con ducati 13 idem;
1 Algozino con ducati 10 idem;
1 Sotto Algozzino con ducati 9 idem;
4 Custodi con ducati 9 per ciascuno idem;
Comiti,4 Algozini5 e marinai nel Regno delle due Sicilie.
Il Regno delle due Sicilie ci ha lasciato una delle più antiche testimonianze legislative sulla custodia delle carceri.
Riallacciandosi al prescritto di un decreto reale del 1° gennaio 1817, il 18 dicembre dello stesso anno vennero sanciti
a Napoli i "doveri degli impiegati addetti al servizio delle prigioni".
Esaminando attentamente quel documento si scopre che la preoccupazione del legislatore si era concentrata, fra
l'altro, sul problema di evitare qualsiasi commercio fra custodi e detenuti o fra detenuti soltanto ("Essi non potranno
vendere per proprio conto alimenti, bevande, né altri oggetti necessari ai detenuti… I custodi e i loro aiutanti sono
incaricati di invigilare per impedire che i detenuti poveri vendano gli oggetti che quivi sono destinati dal fisco per loro
comodo… I custodi non avranno alcun interesse sul profitto o vantaggio derivante dalla fornitura degli alimenti,
bevande, abiti od altro…").
Venivano precisate anche le pene per quei custodi che fossero incorsi in qualche disattenzione: se un detenuto
avesse venduto il proprio corredo, senza che se ne scoprisse il compratore, "il custode e gli aiutanti saranno
responsabili per farne a proprie spese il rimpiazzo".
Col passare degli anni, sotto il regno di Ferdinando II, "volendo dare agli individui addetti alla custodia e servizio
interno de' luoghi penali ne' reali dominj al di là del Faro6, a carico della Real Marina, una organizzazione più regolare
e corrispondente ai servizi che i medesimi debbono prestare", si giunse - il 10 agosto 1834 - alla definizione di alcune
norme fondamentali per la storia dell'ordinamento carcerario del Regno Borbonico.
La più interessante è quella relativa alla dipendenza del personale di custodia dal Comandante Generale della Real
Marina, cui spettava di proporre al Ministro della Guerra e della Marina la nomina dei comiti, degli algozini e dei
marinai di guardia addetti alle carceri.
Tale appartenenza all'ambito della Marina Militare dell'organizzazione carceraria spiega anche l'origine del termine
"bagno penale", essendo i luoghi di detenzione e di pena generalmente ubicati in zone prossime al mare e, di