Page 3 - cartoline storiche
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Studio, recupero e valt»'itztttiOI!e del1e ceve di tufo I'J)oAAO tt FBifÌS!?Bna

                                   rione S.Anna, dove giardini in.asp.ettati si manifestano al di sotto del
                                   livello del suolo tra rette pareti;~l'\e· li ,r:tasconqono alla vista e li proteg-
                                   gono dal forte vento e dalla satsedine. ,..~

                                       l vuoti che si aprono un pò su tutta l'al~ orientale di Favignana
                                   rimangono Il destando stupore e curiosità, come monumenti in "nega-

                               tivo", da cui si è cavata la pietra che ha consentito la realizzazione di

                                   monumenti in "positivo", cioè palazzi, chiese ed altre costruzioni spar-

                                se per ìl mediterraneo. Tutta quella zona dell'isola infatti si appoggia

                                   su uno spesso zoccolo di calcarenite che, sin da tempi antichi, grazie
                                   alla sua grana fine, all'elevata compattezza e alla relativa lavorabilità1

                               è stata apprezzata dall'uomo per le sue realizzazioni. Il colore partico-

                                   larmente chiaro, grazie alla presenza di calcio, e la buona resistenza
                                 all'erosione ha fatto si che gran parte delle abitazioni dell'isola, il mae-
                                   stoso palazzo Florio, la Chiesa Madre fossero realizzati con la pietra
                                   cavata a mano dai favignanesi, ma anche gli abitati delle vicìne
                                    Levanzo e Marettimo, alcune costruzioni di Tunisi, la Chiesa
                                   dell'Annunziata a Trapani, Villa Igea a Palermo, parte della città di
                                    Messina ricostruita dopo il terremoto del 1908 e tante altre di cui non
                                    si ha più memoria.

                                        L'attività estratUva di pietra da costruzione ha inizio secoli fa; sem-
                                    bra già che i romani prelevassero materiale da costruzione lungo la
                                 costa, per la comodità di poter imbarcare il carico nelle immediate vici-
                                    nanze; queste cave, tutte a cieto aperto, si presentano ormai parzial-
                                    mente sommerse manifestando tutta la loro età, poiché sicuramente
                                    dovevano trovarsi emerse ai tempi della cavatura. Il massimo svilup-

                               po dell'attività estrattiva si è avuto nel secolo appena scorso, arrivan-

                                    do ad impiegare circa 160 mastri e 200 manovali, che conducevano
                                    spesso i loro bambini già all'età di 8 anni, per farsi aiutare nelle 12-14
                                    ore di lavoro; inoltre un numero indefinito di carrettieri e marinai si
                                    occupavano del trasporto a terra e per mare.

                                        Intorno agli anni '70, pur giovandosi dei benefici della meccanlzza-
                                    zione, l'attività pativa un rapido declino; da un lato l'interesse dei gio~
                                    vani di cimentarsi in altre attività più comode, tra cui la nascente indu-
                                   stria turistica, dall'altro i proibitivi costi dei trasporto sul mare, che
                                    penalizzava sul mercato il tufo di Favignana, rispetto a quello di meno

                                    pregio, ma più economico, della vicina Marsala.
                                        Tutta la storia del tufo favignanese, storia di fatica e gran lavoro

                                    manuale, rimane scritta In quelle rocce sagomate a regola d'arte, in
                                    quei vuoti, in quelle cattedrali ipogee, la cui opera per durata e gran-
                                  dezza non sfigura al cospetto di altre meraviglie del mondo, quali le
                                    piramidi egizie, o gli scomparsi giardini pensili di Babilonia.

                                        Il tufo veniva estratto con due tipologie di cava, quelle a cielo aper-

                                to e quelle in grotta. Nelle prime il cavatore prendeva in appalto un ter-

                                    reno, eliminava a sue spese il "cappellaccio", un duro strato calcareo
                                    superficiale di spessore variabile da 1 a 2 metri, e una volta rinvenuto
                                    il tufo procedeva al taglìo dei conci in file perfettamente parallele, con
                                    un lento e preciso lavoro di braccia, approfondendo strato dopo strato
                                    la buca, lavorando anche per decenni, sotto i capricci del tempo.

                                    Ma è a maggiore profondità che il tufo raggiunge la qualità miglio-

                                    re, perché si presenta più compatto, ed ecco allora attaccare la roccia
                                    lungo le coste dell'altura che forma le zone Cavallo e Torretta sino a
                                    Calarossa, proseguendo anche oltre sino al Bue Marino, con gallerie
                                    sub-orizzontali che dal mare si insinuano nel cuore della roccia, o si
                                    aprono dalle pareti delle cave a cielo aperto, ovvero ancora si partono
                                    da veri e propri pozzi scavati per raggiungere più rapidamente la pie-
                                    tra profonda; questo tipo di cavatura, detta "a pìleri" consentiva di evl-
                                    tare l'eliminazione del "cappellaccio", procedendo direttamente nella
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