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La contrazione dell’areale, accompagnata da decrementi numerici, iniziata già nel
corso degli anni ‘50-‘70 del XX secolo, con l’abbandono dei siti riproduttivi plani-
ziali, è continuata con maggiore intensità nel corso degli anni ’80-‘90, determinando
l’abbandono di quasi tutti i siti occupati a nord del Po. L’areale attuale risulta infatti
limitato a poche aree del Piemonte e dell’Appennino settentrionale, tra le province
di Pavia e Rimini, a testimonianza di un areale pregresso molto più ampio (Fig. 1).
La popolazione nidificante in Italia settentrionale negli anni ‘80-’90 era stimabile
in 60-130 coppie, distribuite prevalentemente in Emilia-Romagna, con nuclei attor-
no alle 20 coppie in Lombardia e attorno alla decina in Piemonte e Veneto. La con-
sistenza attuale (2000-2016) risulta compresa tra 10-20 coppie, con un decremento
dell’84,2%. Il declino più sensibile riguarda le aree a nord del Po, dove la specie è
praticamente scomparsa, escludendo una segnalazione nella pianura friulana, ma de-
crementi marcati si sono rilevati anche in Piemonte ed Emilia-Romagna. La specie
risulta in forte declino anche negli ultimi 14 anni (2000-2014), con uno stato di con-
servazione “cattivo”, e una variazione media annuale di -11,3% (Rete Rurale Nazio-
nale & LIPU, 2015).
In Europa durante il XX secolo, e in particolare dagli anni ’60, l’Averla capirossa
ha fatto registrare una marcata contrazione della distribuzione nei settori settentrio-
nali e occidentali dell’areale, con scomparsa o diminuzione di oltre il 50% in alcune
nazioni periferiche a partire dagli anni ’70, principalmente a causa delle perdita di
habitat, ma presumibilmente anche in seguito ai cambiamenti climatici a lungo ter-
mine (Hagemeijer & Blair, 1997). La tendenza al marcato decremento era già stata
evidenziata, soprattutto nelle zone settentrionali dell’areale, che sono state in par-
te abbandonate nel corso degli anni ’80-’90 del secolo scorso (Tucker et al., 1994).
Anche in Europa meridionale la specie è considerata in moderato declino (BirdLife
International, 2011, 2012, 2016). Come per altre specie tipiche degli ambienti aper-
ti i principali fattori limitanti per la sopravvivenza sono rappresentati dalla graduale
trasformazione e scomparsa delle praterie arbustate, degli incolti con cespugli e al-
beri sparsi e degli ambienti ecotonali, nonché dai rimboschimenti naturali e artificia-
Fig. 1. A sinistra: areale di nidificazione in Italia settentrionale (esclusa Liguria) nel periodo 1980-
1999, ricostruito sulla base di dati certi e probabili; si tenga conto che nell’ambito delle aree con co-
pertura continua la reale distribuzione è più frammentata in quanto la nidificazione ha luogo solo nelle
località adatte. A destra: siti di nidificazione certa e probabile nel periodo 2000-2016.
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