Page 2 - LA_GUERRA_DEL_TONNO
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OUTSIDERNEWS
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Alcuni numeri documentano la dimensione del business. La fortissima richiesta
giapponese, alimentata dal boom mondiale del consumo di sushi e sashimi di qualità, ha
fatto balzare su scala mondiale il fatturato della pesca del tonno rosso a un livello
mai immaginato prima: 40 miliardi di dollari all’anno, cui ne vanno aggiunti almeno altri
25 del mercato illegale.
Un fiume di denaro controllato da pochi imprenditori. In Italia, ad esempio,
quasi il 70 per cento delle quote con il sistema della circuizione, enormi reti che
consentono di pescare in quattro giorni anche mille tonni, è gestito da una dozzina di
pescherecci tra Cetara e Salerno, in Campania.
Il sistema delle gabbie è invece monopolio di quattro imprese: quella dei fratelli
Fuentes, in Spagna, e dei tre maltesi Azzopardi. Al resto degli operatori del settore restano
solo le briciole. “E sulle nostre tavole arriva tonno dell’Oceano Indiano oppure tonno rosso
pescato di frodo e senza controlli, nonostante questo sia un pesce talmente delicato che
se trattato male produce subito istamina, che provoca in chi la ingerisce forti
intossicazioni”, dice Alessandro Buzzi del Wwf, uno dei massimi esperti di pesca del tonno
rosso che da anni si batte per una filiera sostenibile e trasparente.
Il sistema delle quote
Il tonno rosso nasce e migra tra le coste europee dell’Oceano Atlantico e quelle
del Mediterraneo, dove arriva in tarda primavera per “svernare” con i piccoli appena nati
e affamati. Banchi che arrivano a contare fino a mille, duemila tonni si concentrano in
alcune zone, come le coste scogliose e le grotte marine del basso Tirreno, e poi scendono
più a Sud, verso il Canale di Sicilia.
Da sempre, il tonno rosso è stato cercato come l’oro. La statistica più recente del
pescato annuale fatta dall’Iccat parte dal 1952, quando l’andamento della cattura mondiale
di tonno rosso registrava 28mila tonnellate circa. Un andamento altalenante, ma
sostanzialmente crescente di pescato si sarebbe registrato fino al 1996, con un picco di
oltre 53mila tonnellate. Ed è proprio quello l’anno che fa suonare un campanello
d’allarme: il rischio di estinzione della specie. Nell’autunno del 1996 vengono così
introdotte le quote e affidato all’Iccat il loro controllo con personale a bordo dei
pescherecci. “Rischiavamo davvero in quegli anni l’estinzione – dice Buzzi –
L’introduzione di un limite e di controlli stringenti, con commissari a bordo dei pescherecci
autorizzati, consente, oltre 24 anni dopo, di poter dire oggi che c’è una ripresa di questa
specie. Il che, al contrario di quello che si potrebbe pensare, non ci lascia affatto tranquilli.
Avvertiamo infatti un allentamento della tensione e osserviamo preoccupati la domanda
impazzita, a cominciare dal Giappone, di un mercato fuori controllo”.
Per il 2020, la quota mondiale di pescato è stata fissata in 36mila tonnellate, la
più alta dal 2006. E di questa quota, l’Europa ha poco più della metà: 19.460 tonnellate,
di fatto divisa tra tre Paesi: la Spagna (6.107 tonnellate), la Francia (6.026) e l’Italia
(4.756). Nel resto del Mediterraneo, la quota più significativa va al Marocco (3.234),
seguito da Tunisia (2.655) e Libia (2.255). Mentre nel resto del mondo solo due marinerie
possono davvero pescare tonno con numeri importanti a ridosso anche delle nostre coste:
quelle del Giappone (con quota fissata a 2.815 tonnellate) e della Turchia (2.305).
Esistono delle quote anche per le “gabbie in mare“, il sistema di ingrassamento
del tonno da giugno fino a settembre per soddisfare la domanda giapponese. Nel
Mediterraneo sono attive circa quaranta gabbie, sparse tra le acque di Croazia, Malta,