Page 7 - LA_GUERRA_DEL_TONNO
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OUTSIDERNEWS

            la prima testata indipendente  ad assetto variabile
            attività prendendosi quasi tutte le tonnellate.  Per tutti gli altri, che non fatturavano la pesca
            o non la fatturavano del tutto, la porta si è chiusa. Definitivamente.

                   A  Porticello, borgo marinaro in provincia di Palermo, il venerdì che è quasi sera
            ritornano i pescatori dopo una settimana in mare. Pietro Corona, 44 anni, pesca da
            quando ne ha sette. Da luglio ad aprile, a strascico. A maggio e a giugno va in cerca di
            alalunga, pesce spada, e anche tonno. Chi  non  ha le quote, può pescare i tonni solo
            una  decina  di  giorni  all’anno,  quando  il  ministero  dà  il  via  libera  alle  quote
            accessorie.  Tutti  gli  altri  giorni,  quando  i  banchi  di  tonni  rossi  passano  sotto  alle
            barche,  pescarli  non  si  può. E se finiscono all’amo “accidentalmente” vanno ributtati in
            mare.  Ma  chi  lo  fa?  “Io i tonni li pesco perché devo far mangiare la mia famiglia”, dice
            Corona. È la storia più antica del mondo. Di tonno in vendita dovrebbe essercene poco. E
            per questo esistono le quote. Ma, tra maggio e giugno, tonno se ne trova ovunque, specie
            al Sud. Tonno non tracciabile, pescato illegalmente e potenzialmente molto pericoloso per
            la salute. “Ci costringono a lavorare male e di nascosto – continua Corona – con la
            paura di essere beccati“.

                   Chi pesca senza autorizzazione rischia una multa di 3mila euro e, in  caso  di
            recidiva, il sequestro della barca fino a sei mesi. “Ma c’è chi nonostante tutto ci prova per
            portare a casa qualche  soldo.  Noi  chiediamo solo di poter pescare i tonni che passano
            sotto alle nostre barche”, dice Gaetano Treviso, anche lui pescatore di lungo corso. “Non
            tutti rischiano la multa, ma ributtare in mare un tonno è un delitto”.

                   A Porticello, una delle marinerie più grandi della Sicilia, i pescatori chiedono che
            l’assegnazione delle quote venga riaperta. “I  tonni  ci  sono.  Chi  è  rimasto  fuori  dalla
            prima  assegnazione  non  ha  più  avuto  una  finestra  per  inserirsi“, dice Giuseppe
            D’Acquisto, che gestisce una coop che rappresenta una quarantina di pescatori. Le quote
            accessorie  –  la  finestra  temporale  di poche settimane durante la quale il ministero
            garantisce la pesca libera fino al raggiungimento di  un  tetto  –  si esauriscono in appena
            sette giorni. “Il risultato è che c’è la corsa alla pesca e il prezzo del pesce si abbatte. Arriva
            fino a 4 euro a chilo, che non ripaga nemmeno  la fatica di pescarlo”.

            Il mercato illegale

                   C’è poi l’altro mercato, quello illegale.  Che  in  Europa sposta 2500 tonnellate
            all’anno, per un giro d’affari di 13 milioni di euro. È un mercato in continua crescita. Come
            dimostra  il  campanello  d’allarme  che, invariabilmente, inizia a suonare ogni mese di
            giugno, quando scattano i primi sequestri di pesce fuori quota.

                   È sempre la stessa storia. “Tonno  senza  alcuna  certificazione di provenienza.
            Lo  troviamo  nei  mercati,  sui  banchetti  in  strada  di  qualche  ambulante,  e  anche  in
            alcuni  ristoranti“, racconta il maggiore dei carabinieri Giovanni Trifirò, comandante del
            Nas di  Palermo. E non è solo storia di piccoli pescatori che provano ad arrangiarsi
            piazzando il loro piccolo tesoro. Il 21 giugno di due  anni  fa,  la  Guardia  Civil  spagnola
            ferma a Valencia un camion frigorifero proveniente dalla Sicilia. Trasporta tonno rosso. I
            militari del “Seprona”, il “Servicio de Protección de la Naturaleza”,  si  insospettiscono,
            perché l’autista ha con sé 100mila euro in contanti. Vengono fatti degli approfondimenti
            sulla documentazione che accompagna il pesce ed emergono subito delle lacune nelle
            attestazioni che riguardano la provenienza del tonno. Una cosa invece è certa: a gestire
            quel carico che ufficialmente proviene dalla Calabria è  una  società  di  import/export
            siciliana  di un imprenditore catanese. Il tonno viene sequestrato e la svolta arriva qualche
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