Page 4 - LA_GUERRA_DEL_TONNO
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                   Certo,  colpisce  che il ministero dell’Agricoltura abbia consentito un aumento  di
            quote  nel  2020  per  circa  448  tonnellate e oltre la metà, 254 tonnellate, sia andato al
            sistema  della  circuizione,  quindi  sempre  a  chi, di fatto, è già in una posizione di quasi
            monopolio.

                   Negli anni  Ottanta, quelli della pesca selvaggia, alcune  imbarcazioni  potevano
            anche  ospitare  elicotteri  che  seguivano  i  banchi  di  tonno.  Oggi  è  vietato. “Per
            l’individuazione  utilizziamo solo il sonar e siamo molto controllati”, dice Della Monica. Che,
            però, quando sente parlare di affari d’oro  si  inalbera:   “Guardate che questa è stata
            un’annata pessima – dice ancora – Gli allevatori in mare ci hanno pagato il tonno 4 euro al
            chilo e anche meno. Di fatto, abbiamo dimezzato i  fatturati.  Loro  dicono  che  è  calato  il
            mercato giapponese, ma noi non ci crediamo. La verità è  che  chi  ha  il  monopolio  sono
            quelli delle gabbie a Malta  e in Spagna e se ne approfittano. Ecco perché  dobbiamo
            creare una filiera autonoma  con gabbie e sistemi di allevamento  anche in Italia”.

            I Signori delle gabbie

                   Quello  indicato  dal  sindaco  di  Cetara  è  indubbiamente  uno  snodo  chiave  di
            un  mercato  drogato  dalla  richiesta  giapponese. I padroni delle gabbie in mare
            comprano infatti in media il tonno vivo catturato con le reti a circuizione tra i 10 e i 15 euro
            al chilo, per rivenderlo  poi  ai  grossisti  giapponesi  ad  un  prezzo  fino  a  dieci,  venti
            volte superiore. Tra i 150 e i 300 euro al chilo. E anche i padroni delle gabbie hanno un
            nome. Sono i fratelli Fuentes in Spagna e gli Azzopardi a Malta.

                   L’ideatore e pioniere del sistema di ingrassamento del tonno in gabbie a mare
            si chiama Charles Azzopardi. È un maltese che ha messo in piedi un impero che fattura
            oltre 30 milioni di euro all’anno. Altri due Azzopardi,  omonimi  ma  non  parenti  in  linea
            diretta,  hanno  creato negli anni aziende simili. Nelle loro gabbie in mare, il tonno viene
            ingrassato  per  mesi, e poi, ad uno a uno, gli esemplari vengono uccisi singolarmente con
            un colpo di fucile, non uno di più. Perché se il tonno perde sangue, i giapponesi pagano
            molto meno.

                   A Malta, il mercato del tonno rosso vale oltre 160 milioni di euro, il 3 per cento del
            Pil dell’isola. Ma anche i fratelli spagnoli Fuentes hanno fatturati a sei  zeri.  E,  anche  in
            questo  caso, i soldi arrivano dal Giappone e dalle aste milionarie nei mercati di Tokyo e
            delle grandi città nipponiche. Soltanto nel principale  mercato di Tokyo, Tsukiji,
            recentemente  trasferitosi  in  una  zona più ampia, ogni giorno vengono acquistati dai
            ristoranti e pescherie della città derrate di pesce per 21 milioni di euro. Una cifra enorme,
            spesa in gran  parte per acquistare tonno rosso, la cui asta si tiene ogni giorno alle
            3  del  mattino. Partecipano all’incanto i 900 grossisti accreditati. E, in media, un tonno
            rosso viene venduto a 20mila dollari. Anche se per alcuni  esemplari  particolarmente
            pregiati perché di grande massa grassa il prezzo può salire a dismisura.

            Favignana, la tonnara che non c’è più


                   Eppure, nella Grande  corsa  all’oro  rosso  qualcuno  è  rimasto  indietro. Con la
            beffa,  per  giunta,  di  vedersi  passare davanti ogni anno enormi banchi di tonni. Basta
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