Page 3 - LA_GUERRA_DEL_TONNO
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OUTSIDERNEWS

            la prima testata indipendente  ad assetto variabile
            Spagna, Francia e le coste della  Grecia. Ma, soprattutto, sono non più di quattro le
            aziende  in  grado  di  alimentare  sistemi di gabbie che possono raccogliere fino a 3-4mila
            tonni.  E sono tutte concentrate in Spagna e a Malta. Il sistema è comunque controllato e
            tracciato: “I giapponesi pagano  tanto  ma  vogliono  il  massimo dei controlli e della
            certificazione  –  continua l’esperto del Wwf  –  Ogni tonno pescato viene numerato e
            registrato come se fosse un’auto: in modo da seguire tutti i passaggi prima della vendita al
            mercato di Tokyo”.Pesca del tonno a Zahara de los Atunes, in Spagna

            I Signori delle reti

                   Sulla  carta,  le quote dovrebbero impedire la costituzione di monopoli e oligopoli. In
            realtà, nel triangolo  Italia-Spagna-Malta,  grazie  all’uso  delle gabbie, il sistema somiglia
            molto a un oligopolio di ferro.

                   Iniziamo dall’Italia. È l’unico Paese che impedisce di fatto la libera concorrenza
            tra  pescherecci  perché  ripartisce  la  sua  quota  tra  le  singole  marinerie  e  non  la
            utilizza in generale come tetto massimo di pescato. La Regione Siciliana ha presentato
            per questo vari ricorsi contro, lamentando che questo sistema esclude inesorabilmente dal
            mercato  le  tonnare  storiche  che  pure vorrebbero riaprire, come quelle di  Favignana  o
            della Sardegna. Perché il sistema, appunto, si basa, nella ripartizione, sulle quote fissate
            all’indomani  del  1996,  quando  molte tonnare chiusero scommettendo sulla fine dell’oro
            rosso.

                   Sta di fatto che oggi il mercato della pesca del tonno per l’Italia è controllato da
            soli 21 pescherecci che utilizzano la cosiddetta “circuizione”: un sistema che prevede
            l’uso di enormi reti circolari che si restringono non appena i banchi di tonno vi hanno fatto
            ingresso.  E  ne  consentono  la cattura e il trasporto da vivi verso le gabbie in altre acque,
            dove vengono messi all’ingrasso. Di questi 21 pescherecci, 12 sono di stanza tra Cetara e
            Salerno, in Campania. Al punto che la marineria di questo piccolo paese della costiera
            amalfitana ha da sola una quota di pescato per il 2020 pari a 1.586 tonnellate, poco meno
            di quelle autorizzate per l’intera Libia e la Tunisia.

                   Le  famiglie  dei  signori  del  tonno  di  nome  fanno  Ferrigno,  Pappalardo,  Della
            Monica.  In  parte  sono  immigrati  di  ritorno dal Canada, dove, nei primi del
            Novecento, alcuni cetaresi tentarono la fortuna e soprattutto appresero e affinarono
            la  tecnica  della  pesca  per  circuizione.  Un  sistema  che  consente  di  pescare  in  soli
            quattro giorni anche tutta la quota annuale assegnata di tonno. Migliaia di esemplari
            catturati vivi e trasferiti con imbarcazioni di Mazara del Vallo o di altre marinerie che non
            hanno quote verso le gabbie maltesi e spagnole a una velocità di crociera che non deve
            mai superare i tre nodi, per non fare sfinire il tonno durante questa migrazione in cattività e
            danneggiarne  la carne prima del periodo dell’ingrasso.

                   A Cetara, che è senza dubbio il regno  del  tonno  rosso, alcuni pescherecci
            arrivano a fatturare anche un milione di euro all’anno. E, non a caso, il sindaco del paese
            è un armatore, Fortunato  Della  Monica:  “Ci  accusano  di avere un monopolio. Ma noi
            questo  monopolio l’abbiamo costruito investendo nelle quote quando tutti le vendevano e
            pensavano che la pesca del tonno fosse finita – dice – Nel 2009, le barche con quote in
            Italia erano appena 12. Nessuno credeva in questo settore. Invece, noi tra il 1996 e il
            2014 abbiamo continuano ad acquistare quote da altre imbarcazioni. Adesso tutti le
            rivogliono indietro“.
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