Page 6 - LA_GUERRA_DEL_TONNO
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OUTSIDERNEWS
la prima testata indipendente ad assetto variabile
che ha asciugato i risparmi e ridotto i turisti, continua a prendersela con le quote e con “i
sardi che si prendono tutto”.
Peccato che, a quattrocento chilometri di distanza, le tonnare sarde
raccontino un’altra storia. Gli impianti sono gestiti da due società – “Tonnare Carloforte
Piam” e “Tonnare Sulcitane” – che lavorano con una gestione unitaria. “Noi non ci siamo
mai fermati – racconta Andrea Farris, direttore di “Tonnare Sulcitane” – abbiamo
continuato a calare le tonnare anche quando le quote erano anti-economiche. Poi, quando
finalmente abbiamo raggiunto il break-even, il punto di pareggio, circa 120 tonnellate a
impianto, sono state autorizzate altre due tonnare fisse che ci hanno messo di nuovo in
difficoltà. Una è Favignana, che non ha nemmeno calato le reti”.
Per un tonno made in Italy
Eppure, la “guerra” tra Sicilia e Sardegna potrebbe capovolgersi in alleanza.
Da entrambe le parti arrivano proposte. Per salvarsi e vivere di tonno. Anche se il percorso
non sembra proprio semplice. Perché quasi tutto il pescato della Sardegna viene già
venduto in blocco ai giapponesi. Visto che il mercato italiano non è considerato redditizio
con i suoi 11, 12 euro al chilo. Un prezzo che, nell’anno del Covid, è per giunta sceso a
2,50 euro.
Quello che sardi e siciliani vorrebbero fare è provare a trattenere una parte dei tonni
in Italia per creare un prodotto di eccellenza.
In Sardegna, il progetto prevede non più tonno pescato e rivenduto in 40 giorni agli
stranieri, ma tenuto in vita per 4 mesi dentro alle gabbie per essere destinato al mercato
domestico. “L’idea – spiega Farris – è quella di far vivere il tonno alimentandolo
naturalmente con i banchi di sardine, così da avere il tempo per commercializzarlo in Italia
come prodotto di alta qualità”.
L’idea piace a Favignana, che punta anche sullo storico stabilimento a fini
turistici: “Potrebbe diventare un museo vivo, dove il tonno si lavora in diretta – dice
Amodeo – con tanto di schermi e telecamere per mostrare le fasi della mattanza. Potrebbe
anche nascere una scuola di cucina, per recuperare tutto il patrimonio di ricette legate al
tonno. Potremmo poi realizzare un nuovo prodotto inscatolato, di vero tonno rosso. È un
progetto che ho illustrato alla ministra Teresa Bellanova, che ci consentirebbe il rilancio
non solo della tonnara, ma di tutta Favignana. Però, se la pesca del tonno non è
sostenibile economicamente, ci dobbiamo rinunciare”. Ecco perché a Favignana chiedono
più quote, chiedono l’assegnazione per tempo. Perché “noi i tonni li sappiamo pescare”.
“Noi che peschiamo in nero”
Il tonno è un business. E detenerne le quote di pescato è come avere un assegno
circolare: se non cali le reti, rivendi le tue tonnellate. E ti metti in tasca il grano senza
neanche vedere l’acqua. Come ha fatto Castiglione, che quest’anno ha ceduto le sue di
quote ai “palangari” di Marsala, i pescatori che catturano i tonni con l’antico sistema di
lenze con ami sospese. Perché la guerra delle quote si combatte anche tra i pescherecci:
in Sicilia la fetta grossa delle quote per la pesca al palangaro – il 23 per cento del totale –
le detiene Marsala che di fatto ha la leadership italiana con una ventina di
pescherecci autorizzati. Marsala, quando partirono le quote, ha potuto dimostrare la sua