Page 9 - LA_GUERRA_DEL_TONNO
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OUTSIDERNEWS
la prima testata indipendente ad assetto variabile
attività. “Ma c’era un muro di omertà attorno a quella catena del tonno venduto
illegalmente“. Si riuscì a ricostruire che alcune partite arrivavano da pescatori locali. Altre
non è chiaro da dove. Perché, intanto, anche a Catania cominciarono a verificarsi dei casi
di intossicazione, alcuni gravi. Le indagini del Nas portarono alla scoperta di un deposito
all’ingrosso di tonno rosso del tutto illegale. Una novità rispetto agli altri sequestri, che
riporta nuovamente alla necessità di avere una visione d’insieme: l’affare del tonno è
sempre più un affare che attira gruppi organizzati. Quest’anno, magari, con numeri
leggermente inferiori, per l’emergenza Covid. Anche se i sequestri di pesce illegale si sono
ripetuti. Ma nessuno è finito in ospedale. Resta però il bilancio pesante dell’anno scorso in
Sicilia: 400 casi di intossicazione.
“Non bisogna abbassare la guardia – dice ancora il comandante del Nas di Palermo
– il consumatore deve sempre ricordare l’importanza del mantenimento della catena del
freddo nei prodotti ittici. Perché soprattutto nei periodi estivi le alte temperature facilitano i
processi di degradazione, che producono quantità importanti di istamina, sostanza
responsabile della cosiddetta “sindrome sgombroide”, intossicazione alimentare che può
scatenare gravi reazioni allergiche giungendo in alcuni casi allo shock anafilattico”.
I controlli si sono fatti sempre più accurati.
Carabinieri e capitanerie di porto operano insieme ai tecnici dei servizi veterinari
delle aziende sanitarie, gli esami degli istituti zooprofilattici sono poi un momento
importante delle indagini. “Determinante è diventata ormai l’attività di intelligence –
spiegano gli investigatori – perché a mare è diventato ormai sempre più difficile
intercettare i pescatori che si dedicano a questo tipo di attività. Bisogna sorprenderli a
terra, magari al momento in cui il tonno viene trasferito dall’imbarcazione ai furgoni”.
Qualche giorno fa, a Termini Imerese, gli uomini della Capitaneria di porto hanno fatto un
vero e proprio inseguimento per bloccare l’ennesimo carico di pesce illegale. “Talvolta,
arrivano indicazioni anche dagli stessi pescatori per bene, che sono la maggioranza – dice
il contrammiraglio Isidori – perché cresce sempre di più la consapevolezza di un impegno
comune per la tutela del mare”.
Gli affari dei boss
Chi c’è davvero dietro il traffico illegale del tonno? Chi lo alimenta? Bisogna
tornare all’indagine di Europol per provare a dare qualche risposta.
La traccia della società catanese trovata dall’Europol riporta infatti a un’indagine
fatta dai carabinieri del Reparto Operativo di Catania alla fine degli anni Novanta: una rete
di società controllate dai clan Santapaola e Ludani comprava il tonno a quattro euro
al chilo dai pescatori siciliani – un prezzo imposto dai boss – e lo rivendeva a 9 euro ai
giapponesi, tramite una società di intermediazione internazionale di Sanremo. Un sistema
che ha fatto guadagnare milioni di euro a Cosa nostra siciliana. Nella Sicilia orientale, i
boss avevano il monopolio del mercato del tonno. I pescatori che si ribellavano al sistema,
venivano pesantemente minacciati. Un vero e proprio racket, che fra il 1997 e il 1999
iniziava ad estendersi anche nella Sicilia occidentale, in Calabria e in Sardegna. Poi,
l’operazione della direzione distrettuale antimafia di Catania, con arresti e sequestri, mise
un argine al monopolio dei padrini. Ma solo per qualche tempo. Nel commercio del pesce
gli imprenditori più rampanti dell’organizzazione hanno visto sempre una grande
opportunità.