Page 5 - Lentini_mattanza
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gabellato a quella dei tonnaroti è semplicemente riduttivo, ma lo è non meno lo
scontato antagonir-mo tra raisi e il resto dei tonnaroti, in quanto la rigida gerar-
chia che sottendeva alla divis!one del lavoro, trovava un preciso riscontro anche
nell'articolazione e frazionamento dei compensi in natura o in denaro. La spere-
quazione esistente fra il guadagno di un faratico e quello di un marinajo non era
meno rilevante. Come spiegare allora quella coes:one di gruppo espressa in modo
così limpido nei canti dei tonnaroti, quando economicamente e gerarchicamente
le divergenze erano profonde?
Una tesi sostenibile potrebbe far leva su un'interpretazione del lavoro a li-
vello rituale e quasi religiosa, in fondo la solidarietà di « classe » di questi ton-
naroti si ritrova non solo nel fatto di dover vivere fra le mura del baglio per una
intera stagione, senza che neppure le mogli o i figli vi potessero accedere, cosl
come era stabilito espressamente nel contratto collettivo, ma soprattutto, tale soli-
darietà, si manifestava nello sforzo comune che li opponeva alle forze della natura.
Una mattanza sfortunata avrebbe significato affrontare un magro inverno di stenti.
l'via dietro questo antagonista apparente, in grado di accomunare gli sforzi e i
sacrifici dei tonnaroti, come non vedere la vera contrapposizione di fondo tra uni-
verso della produzione e quello del profitto, tra tonnaroti e proprietari, tra lavoro
e rendita. D;etro le quinte del semplice binomio gabelloto-tonnaroto, si muovono
i veri soggetti di classe, protagonisti storici di quella complessiva trasformazione
in atto in Sicilia fra il '700 e 1'800. Non stupisce infatti apprendere che proprie-
tario della tonnara fosse il duca di Sperlinga, travagliato in quegli anni da una
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grave crisi finanziaria ( ) e che le l 000 onze annue di rendita, pagate anticipata-
mente dal gabellato per aggiudicarsi la conduzione della Vergine Maria, si rivelas-
sero nonostante tutto insufficienti a coprire il pesante disavanzo. Nè ci sorprende
che il gabellato Giuseppe Barbaro fosse privo di capitali propri tanto da dovere
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ricorrere alle casse dei Florio ( ) che già in quel periodo rappresentavano degna-
mente la nascente e agguerrita borghesia commerciale.
Tonnaroti, gabellato, amministratore, proprietario: il cerchio si chiude.
11 circuito finanziario che trae origine dall'imp:ego di capitali di un Florio
si risolve, da un lato nella costituzione di una rendita annua, cioè la gabella per
il proprietario; nella remunerazione del capitale, con gli interessi pagati dal gabel-
lato al prestatore di fondi e nei compensi di cui si appropriavano le figure inter-
medie, sensali, gabellati, amministratori e così via. Dall'altro lato, si risolve nella
perpetuazione di un sistema di potere, attraverso un meccanismo produttivo in
cui il costo del fattore lavoro, risultava marginale, un vero e proprio dippiù.
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