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370 S. Fraschetti, A. Terlizzi, G. Ceccherelli, P. Addis, M. Murenu, R. Chemello, M. Milazzo, N. Spanò, F. De Domenico, L. Mangialajo, G.F. Russo, F. Di Stefano, R. Cattaneo-Vietti

ambientale, le interazioni tra organismi e tra questi e l’ambiente chimico-fisico e
l’importanza degli effetti indiretti come le cascate trofiche, che spesso non sono
facilmente quantificabili. Inoltre, anche quando le restrizioni vengono rispettate, i
potenziali benefici derivanti dall’istituzione di una AMP possono essere vanificati
da altre forme di impatto antropico che agiscono a larga scala spaziale e a cui
l’istituzione di un’AMP non può far fronte (es. presenza di specie invasive, alte-
razione dei regimi sedimentari) possono vanificare i potenziali benefici derivanti
dall’istituzione di una AMP.

    Il progetto Afrodite-Venere ha permesso di evidenziare che, in generale, per
la maggior parte delle AMP sia prematuro quantificare potenziali effetti della
protezione sui popolamenti del benthos di substrato duro viste le diverse attività
illegali svolte all’interno dei confini delle AMP stesse. I risultati suggeriscono
anche la necessità di impostare studi di efficacia ad hoc, in grado di testare
ipotesi che tengano in considerazione le realtà ecologiche e socio-economiche
locali.

    Tutte le AMP poste lungo la costa non mostrano effetti significativi della pro-
tezione. è possibile che questo dato sia largamente determinato da una gestione
inefficace, ma, in qualche caso, potrebbe anche essere legato alla necessità sia di
apportare modifiche al disegno sperimentale utilizzato sia di impostare programmi
di monitoraggio basati su serie temporali più lunghe. A titolo di esempio, a Torre
Guaceto, i dati raccolti durante il progetto Afrodite-Venere hanno evidenziato
una sostanziale mancanza di differenze fra tratti di costa protetti e di controllo.
Dati raccolti successivamente in un progetto COFIN, durante il quale è stata
aggiunta una terza località di controllo, hanno consentito di osservare differenze
significative nella struttura del popolamento nell’infralitorale medio rispetto alle
località di controllo. Questo sottolinea come questi progetti possano contribuire
ai piani di gestione e alla salvaguardia degli habitat costieri, soprattutto se con-
dotti su lunghe serie temporali.

    Per quel che riguarda le isole, i risultati fanno emergere in modo consistente
differenze significative fra località protette e località di controllo. Come già sot-
tolineato, queste differenze potrebbero condurre a confondere un ‘effetto habitat’
(legato al fatto che le isole presentano spesso caratteristiche uniche) con il poten-
ziale effetto della protezione (Benedetti-Cecchi et al., 2003). In altre parole, questa
conclusione non suggerisce di evitare di proteggere questo tipo di habitat, ma sot-
tolinea solo la difficoltà di quantificare sperimentalmente gli effetti dell’esclusione
di attività antropiche in AMP su piccole isole lontane dalla costa.

    In conclusione, il progetto Afrodite-Venere ha avuto l’enorme importanza di
veder applicate procedure quantitative per lo studio degli effetti della protezione
a larga scala. Il risultato tuttavia non deve essere interpretato solo in termini di
caratterizzazione della biodiversità delle 15 AMP, vista la sostanziale mancanza
di differenze ottenuta, ma deve rappresentare un importante segnale nell’ottica
di istituzioni future. La progettazione non critica di un elevato numero di AMP
senza una adeguata gestione e rispetto dei vincoli esistenti rischia di creare aspet-
tative non soddisfatte sia nella società comune che nel mondo scientifico tali da
ripercuotersi negativamente su questo strumento di protezione al contrario poten-
zialmente molto utile.
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