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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali ...18 - GIUGNO 1996 - La protezione dell'ambiente costiero Silvano Riggio *
I parchi marini
Alla luce delle cognizioni attuali, un parco marino dovrebbe essere un "mesocosmo" di
dimensioni ottimali, sistema di riferimento per processi che hanno luogo senza
l'intervento diretto dell'uomo, ma sotto il monitoraggio costante delle principali
variabili biotiche ed abiotiche2; in altri termini, un modello dell'ambiente naturale
calibrato sulla mesoscala.
Oltre che principio di ecologia, l'incompatibilità della conservazione dell'ambiente con
lo sfruttamento delle risorse è un dettame di legge, codificato nella ripartizione in zone
a gestione diversificata: la "zona A" rappresenta l'area di maggiore interesse
naturalistico; essa è accessibile soltanto per ragioni di ricerca scientifica e vi è
interdetta qualsiasi attività di sfruttamento o ricreativa; in pratica rappresenta un
"mesocosmo" utilizzabile come laboratorio ecologico di pieno campo. La "zona B", che
normalmente confina con la zona A, prevede lo svolgimento di attività limitate di
sfruttamento, generalmente concesse ai soli residenti. Queste sono controllate dalle
autorità del parco e devono indirizzarsi allo "sviluppo sostenibile". Le possibilità
gestionali si ampliano nella "zona C", ma sempre nel rispetto dell'ambiente. La "zona
D", ai limiti dell'area protetta, apre la transizione verso la libera fruizione.
In una riserva-tipo risulta così una "ripartizione embriciata" dello specchio d'acqua,
nella quale la "zona A" è in genere la più interna (o al massimo è marginale),
circondata da una vasta "zona B" a sua volta inglobata in una "zona C" estesa su
un'area decisamente maggiore della precedente. Non ha senso istituire zone A su
grandi aree, del tipo di quelle in uso nei parchi terrestri. In questi ultimi, infatti, una
semplice recinzione basta ad isolare (a volte) efficacemente l'area di "tutela
integrale" (ma non sempre!). Resta beninteso aperto il problema dell'invecchiamento
genetico delle specie all'interno di un'area limitata, con conseguenze sulla loro stessa
sopravvivenza.
Nell'ambiente marino non esistono "spots" isolati, dato che l'acqua non ammette
confinamenti ermetici e consente la rapida diffusione delle sostanze in soluzione o
galleggianti. Inoltre le correnti trasportano passivamente gli sciami delle disseminule
planctoniche: nessun luogo sommerso resta pertanto immune da "contaminazioni"
chimiche o biologiche, specie se situato sotto costa.
Oltre a non portare vantaggi sul piano della tutela, l'ulteriore estensione della zona A
finisce per essere impopolare, in quanto accentua gli aspetti proibizionistici e punitivi
del parco, senza sottolinearne i lati positivi. Sarebbe piuttosto auspicabile la cauta
apertura all'uso balneare controllato, in considerazione del minimo danno all'ambiente
causato dai bagnanti3.
Importantissima è invece la scelta del sito, che, oltre ad essere in buone condizioni
esso stesso, deve soprattutto riflettere l'assenza di fenomeni di degrado
nell'entroterra, la mancanza di scarichi inquinanti e/o di fonti di torbidità (esempio:
discariche, foci fluviali, pendii dissestati, eccetera).
Scogliere artificiali composte da elementi di calcestruzzo o da relitti di navi possono
essere installate sul limite esterno della "zona A", allo scopo di delimitare quest'ultima
e proteggerla dalle incursioni dei pescherecci a strascico4. Reefs artificiali e FADs5
possono ancora essere immersi nelle zone B e C a fini protettivi, di ricerca e
monitoraggio, oltre che di recupero dei fondali degradati. E' ovvio che tali iniziative si
fondano su una perfetta conoscenza dell'habitat nonché su un'accurata pianificazione
dell'ambiente. In questo senso almeno va interpretata la possibilità di incentivazione di
un ripopolamento, prevista dall' articolo 1, punto 7, della legge 41 .
Sotto questo aspetto le riserve naturali italiane, che sono le più recenti, si
differenziano in misura sostanziale dai "cantonnements" francesi, che hanno il fine di
migliorare la pesca. La stessa indeterminazione caratterizza le aree protette spagnole e
quelle della ex Yugoslavia.
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