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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali ...18 - GIUGNO 1996 - La protezione dell'ambiente costiero Silvano Riggio *
La maricoltura e lo "sviluppo sostenibile" nella fascia costiera
La zona B è l'area che impegna maggiormente le capacità di una riserva di "inventare"
modi di gestione diversi dagli usuali, compatibili con la conservazione dell'ambiente. Le
attività consentite nella zona B sono necessariamente non distruttive, non inquinanti e
votate alla valorizzazione delle potenzialità naturali. La maricoltura intensiva
tradizionale non può trovarvi posto a causa del suo elevato potere inquinante. Ciò non
esclude tuttavia la possibilità di una maricoltura di tipo "morbido", condotta cioè con
allevamenti di tipo estensivo, come quelli che si realizzano in laguna, o con
l'allevamento di organismi ad alto valore commerciale e dal basso potere inquinante, o
ancora con la costruzione di scogliere artificiali.
Fra le produzioni "morbide" in uso nella fascia costiera, rientrano alcune antiche
attività tradizionali, contrapposte ad altre molto moderne, ancora in fase di
sperimentazione. Fra le prime si può portare ad esempio la produzione di alghe
commestibili.
Nuovi tipi "alternativi" di maricoltura ad alto know-how biotecnologico si basano
sull'allevamento di organismi di alto pregio, in pericolo di scomparsa magari a causa di
una raccolta eccessiva. Fra queste si possono citare:
q a) l'allevamento in grotte naturali od artificiali del corallo rosso da gioielleria6,
Corallium rubrum, sperimentata nelle acque del Principato di Monaco, a
Portofino, nella penisola sorrentina e in Sardegna7
q b) la coltura "in pieno campo" (cioè, non in acquario) delle spugne da bagno,
Spongia officinalis, già in fase di sperimentazione sui fondali usticesi sotto la
direzione di esperti zoologi dell'Università di Genova
q c) l'allevamento di madrepore mediterranee e tropicali ad uso degli
acquariofili
q d) il lancio di forme giovanili di specie di interesse economico (esempio:
postlarve di aragoste e di astice, o della magnosa, come si tenta di fare in
diverse aree). Va sottolineato che i risultati di tali pratiche sono spesso
fondati su presupposti poco realistici che rendono aleatori i risultati delle
operazioni. Solo esperti biologi possono essere incaricati della direzione e
controllo di tali operazioni.
Pionieri delle sperimentazioni elencate nei punti a) - c) sono i ricercatori
dell'Istituto oceanografico Alberto 1° di Monaco, in stretta collaborazione con i
ricercatori dell'Istituto di zoologia di Genova. Il lancio di giovanili è stato
realizzato da consorzi scientifici con la partecipazione di privati, di Istituti
universitari e del Cnr.
Riserve marine ed aree di ripopolamento
Sulle misure per la protezione dell'ambiente marino regna una grande confusione non
solo nella massa del pubblico, ma fra gli stessi addetti ai lavori. A prescindere dal
frequente qui pro quo che vede nei parchi l'unica misura per la conservazione, non si
distinguono facilmente i provvedimenti per la tutela dell'ambiente da quelli intesi al
miglioramento delle produzioni ittiche e della pesca.
Un equivoco frequente, già accennato coi "cantonnements" francesi, ma di cui fa
giustizia la legge quadro italiana 979/1982, è la confusione fra riserve marine
propriamente dette (e parchi), zone di tutela biologica ed aree di ripopolamento .
Va anzitutto sottolineato che le riserve marine sono intrinsecamente destinate ad un
ripopolamento passivo, in virtù dell'effetto favorevole che la sospensione della pesca
ha sull'aumento delle popolazioni (vedi al proposito il tentativo condotto dall'ITPP nel
Golfo di Catellammare). Non vale tuttavia il concetto inverso, in quanto le aree di
ripopolamento attivo non possono essere considerate riserve naturali. Ciò perché in
questo caso il ripopolamento è conseguenza di una serie di interventi esterni
consistenti nella semina di avannotti, nella posa eventuale di habitat e di barriere
artificiali anti strascico, nella somministrazione di alimento, eccetera, tutti fatti che
alterano la fisionomia e l'idrologia dei fondali. Le riserve marine inoltre vanno
localizzate in aree marine oligotrofiche, dalle acque limpide, mentre le zone di
ripopolamento andrebbero ubicate in acque da meso- ad eutrofiche, ad alta
produttività biologica e a bassa trasparenza.
Le zone di ripopolamento possono porsi ai limiti od in prossimità delle riserve marine,
ma non possono sostituirsi a queste ultime. E' opportuno che la scelta di entrambe sia
operata secondo una visione coordinata della gestione dell'ambiente costiero in modo
che le aree di protezione integrale, le zone di ripopolamento e gli specchi d'acqua
destinati alla pesca e/o maricoltura si integrino in un sistema articolato privo per
quanto possibile di interazioni dannose all'ambiente ed alla produttività biologica3.
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