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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali ...18 - GIUGNO 1996 - La protezione dell'ambiente costiero Silvano Riggio *
q 4°) l'atteggiamento talassofilo o talassofobo delle popolazioni costiere
q 5°) l'area biogeografica di appartenenza dei biotopi.
I criteri suesposti verranno ulteriormente discussi nei paragrafi successivi.
L'integrità degli ecosistemi dell'entroterra
Il punto (1) va considerato condicio sine qua non per la salvaguardia degli ecosistemi
costieri. Non ha infatti senso proteggere uno specchio d'acqua apparentemente sano,
ma situato a valle (anche se a notevole distanza) di sversamenti fognari di qualsiasi
tipo, o investito da correnti più o meno eutrofizzate (quelle ad esempio provenienti da
aree portuali o da impianti di maricoltura).
Tutti i fenomeni di degrado o di instabilità dell'entroterra causano danni all'ecosistema
marino: l'erosione accentuata infatti moltiplica il trasporto a valle di materiali
particolari contenenti percentuali variabili di colloidi organici o argillosi e di particelle
siltose che hanno un impatto distruttivo sull'ambiente costiero. Il dissesto
idrogeologico conseguente agli incendi boschivi o alla costruzione di grandi opere
cementizie contribuisce al degrado anche per effetto dell'inibizione dei processi
metabolici del suolo. Nelle foreste mature (ma anche nelle praterie ben conservate) la
vegetazione stabilizza il bilancio dei nutrienti del suolo, favorendo l'accumulo in formna
stabile (insolubile) dei nutriliti in eccesso e solubilizzando, nelle concentrazioni ottimali
con processi a feedback negativo, soltanto quelli occorrenti al momento: la secrezione
di sostanze chelanti (esempio: l'acido malonico e i suoi derivati) attraverso gli apici
radicali, ad esempio, converte l'azoto nitrato, - NO3 -. in ione ammonio, NH4+,
pochissimo solubile. Gli ioni ammonio "aderiscono" debolmente ai siti liberi del reticolo
cristallino delle argille e dei composti dell'humus, costituendo una preziosa riserva alla
quale i vegetali attingeranno nei periodi di massimo bisogno, attraverso processi di
scambio ionico (in genere con l'emissione di H+). Fenomeni analoghi permettono
l'utilizzazione degli altri nutriliti fondamentali. Quando tali controlli (a feedback
negativo) saltano in seguito alla deforestazione o all'impatto di pioggie acide, l'azoto
nitrato e gli altri nutrienti vengono dilavati con il ruscellamento e finiscono per
arricchire le acque costiere: all'ulteriore impoverimento ed instabilità degli ecosistemi a
monte corrisponde una forte eutrofizzazione degli specchi marini e d'acqua dolce a
valle. Ciò in aggiunta al disturbo provocato dall'aumento del silting. Quest'ultimo
fenomeno diventa particolarmente grave ed importante nel caso delle discariche
litoranee di materiali terrosi, di macerie e di sfabbricidi dovuti a costruzioni o allo
sbancamento di terreni, e a tutto ciò che si riferisce all'edilizia in genere. Le masse di
materiali siltosi e di colloidi si distribuiscono su grandissime superfici e restano in
sospensione per lungo tempo, depositandosi molto lentamente sui fondali costieri e del
largo, dove formano coltri spesse ed impermeabili. Per effetto del metabolismo
microbico la concentrazione di ossigeno disciolto dei sedimenti diminuisce
drasticamente: si instaura in tal modo un sistema anossico riducente, ad Eh negativo e
con formazione di metano, idrogeno solforato, mercaptani ed altre sostanze idrogenate
che eliminano le forme di vita aerofile. Le uniche forme di vita restano quelle
anaerobie, e l'ambiente precipita nell'abioticità . Una tale situazione si è verificata nel
Golfo di Palemmo.
Danni non minori rispetto a quelli succitati producono gli scarichi fognari anche se
sottoposti a processi di trattamento: le acque trattate sono infatti ricche di nutrienti
inorganici (o di biostimolanti in seguito a trattamenti avanzati con impianti dotati di un
terzo stadio) ed eutrofizzano non meno degli scarichi non trattati. Fenomeni uguali di
degrado sono legati all'installazione non corretta di condutture sottomarine per
l'allontamento dei liquami: l'unica soluzione allo smaltimento delle acque usate è il loro
riuso sulla terraferma, accoppiato alla riforestazione.
La biodiversità
Il punto 2, importanza della biodiversità, sottolinea una differenza sostanziale del biota
marino rispetto all'ambiente terrestre, che motiva l'opposta disposizione mentale dei
"protezionisti del mare" rispetto ai "protezionisti della terra ferma".
Il ritrovamento e la conservazione di specie rare (oltre che di paesaggi) sono stati
infatti il primum movens per l'istituzione dei primi parchi naturali; lo stesso principio
non è applicabile in mare dove ha poco o nessun senso la ricerca di improbabili
endemismi, che invece rivestono un ruolo primario nella valutazione degli ambienti
terrestri. L'immensità degli spazi oceanici e la funzione di "nastri trasportatori" su
lunghe distanze delle correnti marine, impediscono la formazione di popolamenti isolati
e danno luogo ad una "panmissi" che rimaneggia in continuazione i patrimoni genetici
degli organismi con stadio di sviluppo planctonico. Una conseguenza pratica della
"panmissi" oceanica è l'inutilità o la stessa nocività della protezione di certe specie a
strategia "r", dotate di larva planctonica ad alta longevità: la tutela o lo stesso
ripopolamento reclamati da certe associazioni naturalistiche, per esempio per il riccio
di mare (Paracentrotus lividus), rischiano di avere conseguenze nefaste per l'ambiente
bentonico. I ricci di mare, infatti, sono brucatori instancabili, capaci di azzerare in
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