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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali ...18 - GIUGNO 1996 - La protezione dell'ambiente costiero Silvano Riggio *
Considerazioni conclusive
La questione dei parchi e riserve marine è paradigmatica di una situazione di fatto nel
nostro Paese, dove certe grandi iniziative sembrano biforcarsi nel ramo sterile ed
abortivo della burocrazia e nel fertile propagulo dell'opera dei singoli o dei piccoli
gruppi spontanei. L'istituzione dei parchi marini è stata un sistema bifasico, con una
componente politico-burocratica a sviluppo lentissimo e tortuoso, che poi è diventato
retrogrado, ed una componente sociale e scientifica a sviluppo spontaneo e
tumultuoso, che ha dovuto rallentare la corsa per mancanza di mezzi e, sopratutto, di
operatori.
Alla nascita della Sibm (più o meno coincidente con l'inizio del discorso sui parchi) si è
partiti da una situazione di assoluta ignoranza della biologia marina nel nostro Paese
(a parte gli ottimi studi pionieri di Ghirardelli, Sarà, Cognetti, Giaccone; di quelli dei
compianti Enrico Tortonese, Sebastiano Genovese ed Ester Taramelli, e di altri) e si è
giunti ad una conoscenza dignitosa dello stato dei nostri mari, nonostante gli scarsi
fondi impiegati. Attualmente esistono tutte le potenzialità per portare avanti il
discorso, ottimizzare la gestione delle aree costiere ed esportare know-how a paesi
terzi, ma dal lato politico amministrativo risponde un cupo silenzio di tomba.
I tagli alla ricerca e le giustificazioni di ordine economico fanno il resto per lasciare
poche prospettive e scoraggiare i volenterosi. In questo quadro, il ruolo delle
Università sembra assottigliarsi, ma gli altri enti di ricerca (a parte la Stazione
zoologica) non hanno certo fornito risultati entusiasmanti: molto spesso, come nei casi
citati all'inizio, hanno operato contro l'ambiente e contro i principi più elementari
dell'ecologia. In compenso, sono diventati consulenti preferenziali degli organi politici.
Rivedendo a posteriori il lavoro fatto dalla Consulta, non è chiaro quali siano stati i
criteri sempre che ce ne siano stati - per la scelta delle aree, dato che non risulta
nessuna codificazione di essi, né dal testo di legge, né da eventuali regolamentazioni
successive. Le motivazioni delle scelte sembrano essenzialmente "turistiche": è perciò
un caso che esse siano in gran parte quelle coincidenti con i criteri suelencati?
Probabilmente no, dato che i biotopi prescelti sono talmente noti dal punto
paesaggistico da essere certamente i più belli e ricercati fin dall'antichità. Non è
neanche una coincidenza quindi che molti di essi abbiano un ruolo non secondario
nell'archeologia e nella letteratura, e siano fra i beni culturali (ed ambientali) più
rappresentativi del Paese e del biota costiero mediterraneo.
Le critiche sono state frequenti e sono spesso venute dagli stessi componenti della
Consulta, che si sono dovuti sobbarcare con intelligenza un lavoro estenuante ed
ingrato. Gli studi sono stati in genere carenti, o approssimati, e si sono basati sui dati,
quando ce n'erano, di letteratura. Sarebbe stato opportuno, in una situazione siffatta,
lanciare un progetto nazionale per la messa a punto di un archivio di dati ambientali
sulle singole aree attraverso un sistema articolato di ricerche, nelle quali le sedi
universitarie locali avrebbero dovuto avere un ruolo importante (anche attraverso la
creazione ex novo di gruppi di ricerca marina). Tutto ciò è stato solo in parte realizzato
con alcune aree e con contributi finanziari eterogenei: fra queste sono la Sardegna,
l'arcipelago Toscano, le isole Eolie e le Pelàgie. Decisamente carenti sono stati i
progetti presentati (ed affidati a suon di miliardi) da vari grossi istituti parastatali
intermediarii, che nei dossiers sui parchi hanno trovato fonti cospicue di finanziamento.
Un arbitrato scientifico nazionale - ed eventualmente internazionale - avrebbe dovuto
curare la revisione finale dei lavori, e questo ruolo sarebbe spettato di diritto alla
Società italiana di biologia marina, attraverso i suoi comitati. In assenza di tutto ciò, e
nelle fitte nebbie del presente, si prospetta la necessità che la Sibm esca allo scoperto
e rivendichi queste sue competenze, facendosi anche promotrice di tutte le iniziative
atte a scuotere il Ministero dell'ambiente e la classe politica nazionale dal loro torpore,
prima che non ne valga più la pena.
NOTE:
1. Nel caso delle isole Egadi, da tempo luogo di ittiocoltura in gabbioni ad opera
dell'Enea, si è anche rivendicato un presunto, ma decisamente insostenibile,
"miglioramento" della qualità del biota.
2. Secondo Carpenter et al. (cit.), "prevedere le risposte degli ecosistemi alle
perturbazioni è una delle grandi sfide dell'ecologia. Gli esperimenti sono necessari, ma
molte caratteristiche degli ecosistemi... non trovano spazio in piccoli ecosistemi
artificiali... o raggiungono livelli irreali se si isolano dentro contenitori. Gli esperimenti
sugli ecosistemi implicano la disponibilità di vasti spazi... per lunghi periodi di tempo".
Tenendo presente che non si ammettono manipolazioni di grande scala su parchi
marini e riserve costiere, queste ultime possono prestarsi ad esperimenti non nocivi, o
servire da "bianco" per la verifica dei risultati ottenuti in altre aree.
3. Nel caso del parco dell'isola di Ustica, I'ubicazione della zona A nella costa dello
Spalmatore, a ponente, non è molto razionale, in quanto i fondali sono visibilmente
poco diversificati, mentre il litorale roccioso è l'unico facilmente accessibile ai bagnanti.
Avrebbe più senso il trasferimento della zona A sulla costa Sud, a maggior biodiversità,
e la liberalizzazione progressiva del litorale ovest.
4. E' indubbio che manufatti come i reefs (scogliere) provocano alterazioni delle
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