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           storia commerciale; analisi per le quali si rimanda alla vasta letteratura sulla pesca antica
           in generale. Si è invece preferito qui tollerare questa limitazione, ritenendola largamente
           compensata da una visione sinottica almeno relativamente omogenea sul fenomeno del
           tonno. Argomento peraltro suscettibile in futuro di meditati ampliamenti.

             Per il posto di rilievo che hanno sempre avuto nell’alimentazione umana, il tonno e
           le altre specie minori sono assai spesso richiamati nella letteratura antica: ovviamente
           nei trattati scientifici e tassonomici, specialmente nella Storia degli animali di Aristotele,
           soprattutto per quanto riguarda gli aspetti zoologici dei pesci, i loro anatomia e com-
           portamenti; con richiami anche nella Geografia di Strabone, in Pausania, in Plutarco, in
           Polibio, e poi nella Storia naturale di Plinio il Vecchio e in Solino. Il grande pesce è an-
           che spunto per notazioni morali nelle favole di Esopo e per detti proverbiali. L’uccisione
           dei tonni poi doveva essere uno spettacolo talmente diffuso e di esperienza comune da
           diventare elemento cardine di similitudini cruente sulla guerra (nei Persiani di Eschilo
           e in Aristofane) o come paradigma della trappola tesa (Erodoto); o anche come dram-
           matico soggetto poetico in sé, in Marco Manilio. Non solo tema letterario, la caccia al
           tonno è un elemento di folclore (Filostrato); è poi materia di complesse, a volte ardue
           descrizioni tecniche del procedimento nei trattati alieutici, innanzitutto di Claudio Elia-
           no e di Oppiano di Anazarbo. Alla mattanza seguono i procedimenti di conservazione e i
           relativi prodotti: entrambi gli aspetti sono rintracciabili, spesso insieme, specificamente
           nelle preparazioni gastronomiche (Archestrato di Gela, Ateneo, Apicio); ma anche in-
           direttamente in Columella (che raccomanda l’uso di interiora di palamiti come cibo per
           i pesci d’allevamento); in Plinio e nella letteratura clinica per l’uso ‘farmacologico’ dei
           derivati e per le caratteristiche ‘organolettiche’ delle conserve. Diversi generi, dunque,
           che l’indagine passa in rassegna in maniera comparata, ricavandone un gran numero di
           richiami a queste specie ed un’ampia messe di informazioni; in cui nondimeno, per la
           varietà dei loro motivazioni e contesti, non è facile orientarsi: la disomogeneità dei toni
           delle fonti e delle rispettive finalità letterarie obbliga infatti ad un’esegesi caso per caso
           della loro effettiva portata, valutando ad esempio quanto del contenuto di componimenti
           poetici sia effettivamente trasferibile su un piano strettamente tecnico.


             Fra i problemi, il primo riguarda proprio le specie ittiche: la ricognizione selettiva sui
           tonnidi si scontra immediatamente con la difficoltà di riconoscere in modo attendibile
           le specie menzionate dalle fonti. Intorno al tonno, con le sue varietà, ruotano infatti gli
           affini della famiglia, che spesso sono individuati con nomi specifici, peraltro non sempre
           riconoscibili. Per questa ragione, il libro si occupa del tonno e delle specie di grande
           taglia appartenenti alla famiglia degli Scombridi (che qui, per evitare defatiganti ripeti-
           zioni, è in genere riunita sotto l’etichetta di Tonnidi, oltreché semplicemente di tonno).
           Analoghe difficoltà si incontrano nell’individuazione di metodi e luoghi di preparazione
           delle conserve: i tonnidi erano catturati con sistemi di pesca peculiari, ma poi erano con-
           servati con ricette che, salvo qualche specificità, non erano sostanzialmente dissimili da
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