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14.4 Ottimizzazione delle nuove attività
14.5.1 Coltivazione del ficodindia
Fino ad ora abbiamo visto come l’ottimizzazione di colture agricole (già
presenti territorialmente) prevede l’inserimento della coltivazione di fi-
codindia, sia al fine di riattivare il tipico mercato locale, sia per sfruttare
la loro peculiarità di divenire elementi funzionali (recinsioni) all’agrosel-
vicoltura. Di seguito verrà mostrato come l’arbusto (in ottica sistemica)
potrà essere concepito anche come risorsa capace di innescare l’introdu-
zione di nuove attività locali.
La pianta, dal nome scientifico di Opuntia ficus, appartiene alla famiglia
delle Cactacee; è originaria del Messico ma principalmente coltivata in
America, Europa e Africa . L’Italia possiede il primato a livello europeo
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e la Sicilia è il suo principale produttore con circa 3.000 ettari coltivati .
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L’elevata presenza che caratterizza anche l’arcipelago delle Egadi è dovuta
proprio alla capacità di adattamento della pianta stessa, che ne permette
la coltivazione in territori sabbiosi e con scarso sforzo irriguo.
Il ciclo vegetativo del ficodindia è composto dall’impianto delle talee di-
rettamente nel terreno (le quali hanno un elevato capacità rigenerativa),
con successiva ramificazione del fusto composto da cladodi (comune-
mente nominate pale). Nei mesi tra maggio e giugno avviene la fioritura,
mentre nel mese di agosto la maturazione dei frutti .
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La coltura di tale specie può rappresentare una chiave di svolta per il ter-
ritorio insulare.
A livello ambientale riesce ad assorbire concentrazioni elevate di anidri-
de carbonica; in particolare un ettaro di coltivazione rimuove sino a cin-
que tonnellate di CO2 dall’atmosfera .
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Il ficodindia possiede, inoltre, un’elevata capacità produttiva nonostante
la scarsa richiesta di acqua: si contano circa 13 tonnellate di sostanza sec-
ca per ettaro/anno, di cui 3 di esse corrispondono a frutti .
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La sua peculiarità sta proprio nella possibilità di utilizzo di qualsiasi parte
della pianta e degli scarti derivanti dall’azione di potatura e sfoltimento,
dal quale è possibile sviluppare un’economia circolare insulare attraverso
la generazione di nuove filiere locali. In particolare, il tipico materiale di
scarto ottenuto dalle potature necessarie alla coltivazione dei fichidindia,
può costituire una principale fonte di guadagno per le aziende agricole
che si dedicano a tale coltura.
I cladodi sono composti principalmente da mucillagine e fibra. Dalla pri-
ma è possibile ricavare sostanze (pectina e collodi) che possono trovare
largo impiego nell’industria alimentare (come additivi, farine e conserve)
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e di cosmesi . Dalle pale è inoltre possibile ricavare mangime per ani-
mali (utilizzo tipico per l’alimentazione delle capre in Messico), sia per le
loro proprietà nutrizionali che per la loro azione di beveraggio dovuta alla
capacità di incamerare nei tessuti interni l’acqua in eccesso.
La mucillagine contenuta nei cladodi, invece, può trovare impiego nella
depurazione delle acque reflue (come vedremo di seguito).
Fattore limitante al riutilizzo dei cladodi è la loro elevata percentuale di
aproccio sistemico/ 285