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Da Santa Caterina alla Colombaia di Giuseppe Romano

Ma, nonostante tutte le difficoltà e le carenze strutturali, al "San Francesco", funzionavano due classi delle scuole
elementari nella sezione Femminile e 5 classi alla Colombaia. Una volta al mese venivano proiettati films educativi e
religiosi della S.Paolo Films. Funzionava un cantiere di falegnameria nel quale erano adibiti una ventina di detenuti
(dati del 1958), laboratori per sarti e calzolai e numerosi altri detenuti si dedicavano ai lavori in seta, alla costruzione
di modellini di nave ed alla confezione di scialli. Nel carcere funzionava anche una biblioteca i cui libri venivano
distribuiti dai Cappellani. In totale, tra la Colombaia e il Centrale c'erano almeno 150 detenuti che lavoravano.
Il personale di custodia, come sempre ridotto all'osso, poteva contare su due marescialli e 88 "guardie carcerarie".
Lo scrittore Sergio Marano, che ebbe una triste esperienza detentiva presso le carceri di Via San Francesco, nel suo
libro "Il bosco di Rinaldo" (Santi Quarante, Treviso 1993) ci descrive malinconiche sensazioni provate durante un
triste Natale, guardando la sua amata Trapani da una cella posta all'ultimo piano dello stabile "Dall'inferriata entra il
vento pungente di dicembre. Ne aspiro grosse sorsate, c'è dentro il salmastro del mare. Sento le ondate consumarsi
sui moli del porto vicino (…) " e ancora, affinando i sensi nelle lunghe giornate passate a guardare fuori dalle grate,
riusciva a riconoscere i venti, dai movimenti della biancheria stesa "guardavamo passeri, colombi e gatti. E sui
terrazzi sventolare la biancheria. Dai quattro cantoni del cielo il vento la faceva danzare e dal ritmo indovinavamo il
musico: ora il tramontano (tesa allo spasimo la biancheria strappava le corde con scoppiettii come in una danza
Andalusa o messicana), ora il libeccio (la danza si faceva languidamente molle, ora scirocco (la biancheria si
asciugava di colpo in una tarantella di piroette e avvolgimenti folli), ora il ponentino (il passo si faceva voluttuoso con
cadute e sospensioni estatiche come in un valzer lento)."

NOTE:

1 Le città capovalle in Sicilia erano 7: Palermo, Messina, Catania, Trapani, Girgenti, Siracusa e Caltanissetta, dove esistevano altrettante Grandi
Prigioni Centrali, le cosiddette Vicarie. Usualmente, nel Medioevo, il termine vicaria indicava la circoscrizione territoriale su cui aveva giurisdizione
un vicario, cioè il funzionario o comunque il soggetto delegato all'esercizio di un potere decentrato. Nel Regno di Sicilia, la Gran Corte della Vicaria -
divisa in due ruote - una per le cause civili e una per quelle penali, fu il Tribunale cui spettò la suprema giurisdizione, dopo che, con la riforma
dell'amministrazione giudiziaria, per opera di Alfonso il Magnanimo di Aragona nel 1442, furono fusi i due alti tribunali della Magna Curia e della
Curia della Vicaria. Sin da allora, le strutture carcerarie quasi sempre annesse ai tribunali penali provinciali, destinate a contenere i detenuti in attesa
di giudizio, andarono anch'esse assumendo il nome di vicarie.
2 Il Telamone è una scultura maschile, a tutto tondo o a rilievo, impiegata come sostegno, strutturale o decorativo, spesso in sostituzione di colonne o
lesene. E' sinonimo di Atlante (che nella mitologia greca porta i pilastri del cielo) ed è il corrispondente maschile della cariatide.
3 Più che un giurista, Volpicella era un erudito, un letterato e uno studioso di scienze sociali, che aveva con grande scrupolo, raccolto informazioni
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