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Da Santa Caterina alla Colombaia di Giuseppe Romano

                                        TRAPANI: LE PORTE DELLA VICARIA

    IL RESTAURO DI TRE PORTE DELLE CELLE DELLA VICARIA OVVERO CARCERE DI SAN FRANCESCO

Nell'ottobre del 2008, durante una visita alla Vicaria, notai che in un angolo dell'androne d'ingresso, giacevano tre
porte in legno, due delle quali appartenevano a delle celle, l'altra era una porta di sbarramento, di quelle che
chiudevano il corridoio della Sezione detentiva. Quelle porte giacevano nel più totale degrado e quindi, preso da un
lampo di genio, chiesi al Presidente del Consiglio Provinciale, Peppe Poma (in quanto la Vicarìa è proprietà della
Provincia Regionale) se, il Carcere di Trapani si potesse intestare il compito di restaurare, a costo zero, quelle porte
e riportarle così al loro antico e "triste splendore". Il Presidente Poma si dimostrò disponibile e quindi, dopo aver
ricevuto il benestare anche dall'architetto Luigi Biondo, della Soprintendenza Beni Culturali di Trapani e chiaramente
del Presidente della Provincia Regionale avv. Mimmo Turano, organizzai il trasporto delle porte al Carcere di San
Giuliano. Qui, grazie alla disponibilità dell'allora direttore, dottoressa Francesca Vazzana, nonché al Capo Area
Educatori, dottoressa Luisa Marchica, fu elaborato un progetto, su base volontaria che prevedeva la partecipazione
di n. 2 detenuti - falegnami o restauratori - che avrebbero eseguito il restauro sotto l'esperta guida dell'assistente
capo di polizia penitenziaria Leonardo Di Bella, nel tempo libero, provetto restauratore di mobili antichi. Ed è qui, nella
falegnameria dell'Istituto Penale che inizia il lavoro di restauro, dal quale emerge che: a) Le porte c.d. "sicure"
appartenevano a due celle del 1° piano, la n. 16 e la n. 17. La terza porta, come già detto è un portoncino di
sbarramento dal quale si accedeva all'interno della sezione. Le porte versavano in un grave stato di degrado.
Dall'esame delle due porte emerge che le cerniere che giravano sui cardini, non sono altro che dei chiodi forgiati dal
fabbro ed inseriti a martellate nel legno. Questi chiodi venivano denominati anticamente "chiàncani". Le porte sono
originali ed hanno più di due secoli di vita, nel corso dei quali hanno subito continue riparazioni; infatti trovammo delle
zeppe di legno laddove vi erano dei nodi delle tavole che erano saltati via; laddove si formavano dei buchi, erano
state sovrapposte delle "lapazze" di legno, oltre che per coprire i buchi anche per rinforzare la sicurezza delle stesse.
Gli spioncini furono aggiunti successivamente all'installazione delle porte, poiché inizialmente, sulla porta dovevano
esserci solo delle minuscole "bocche di lupo". Ma, grande sorpresa ed emozione suscitò in noi la scoperta di quelli
che a prima vista potevano sembrare dei piccoli graffi sulla porta, in realtà ad un esame più attento si rivelarono delle
"stecche" (tanto per prendere in prestito una parola dal linguaggio militare"; in questa stessa, ogni piccola tacca
rappresentava un mese di galera; infatti ogni 12 piccole incisioni ve n'è una più lunga che sta ad indicare l'anno
trascorso; inoltre da una porta affiorarono dall'oblio in cui erano state relegate dalla vernice e dalla polvere da oltre
150 anni, delle frasi incise sul legno di larice probabilmente con un chiodo che suscitarono in me un'intensa
commozione e che riporto nella parte di questo testo corredata da fotografie. Queste frasi, furono scritte con ogni
probabilità da patrioti liberali che, venivano trasferiti alla Vicarìa, provenienti da ogni parte d'Italia, in transito, per
essere poi trasferito al loro destino definitivo sull'Isola di Favignana (Ergastolo di Santa Caterina o il Bagno Penale di
San Giacomo); Su una porta fu inciso, da un detenuto, l'anno: 1842. b) La porta di sbarramento, in legno di Larice,
inizialmente era a due "mezzine" ma col tempo, forse per intuibili ragioni di sicurezza, fu modificata. Infatti, una volta
sverniciata furono visibili i segni di due ferri che chiudevano la mezzina, una sorta di porta a libro. Visibili anche dei
"tappi" in legno dove c'era probabilmente una ulteriore serratura di sicurezza. Infine, dopo un lavoro durato un paio di
mesi le tre porte della Vicarìa, veramente irriconoscibili da come erano state prese in consegna, vedevano la luce e
presto saranno esposte al pubblico affinchè tutti possano ammirare questi documenti della sofferenza umana. Per la
riuscita del progetto, del quale mi onoro di essere stato il promotore e materialmente colui che ha seguito tutte le fasi
del restauro fino alla costruzione di un carrello in metallo su ruote in modo da trasportare le porte per eventuali
mostre, voglio però ringraziare di cuore tutti coloro che hanno partecipato al restauro, l'ass. capo di P.P. Leonardo Di
Bella, il detenuto Michele Scardina (che ricevette un encomio dal direttore per l'opera svolta in maniera del tutto
gratuita) ed inoltre la direttrice dr.ssa Vazzana e l'educatrice Luisa Marchica, oltre ai Presidenti Poma e Turano che
hanno permesso che i trapanesi si riappropriassero di un pezzetto di storia della loro città. Commissario di p.p.
Giuseppe Romano
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