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Da Santa Caterina alla Colombaia di Giuseppe Romano
TRAPANI: RELAZIONE SULLO STATO DELLE CARCERI TRAPANESI DEL 24 FEBBRAIO 1945
A CURA DEL DIRETTORE PROVINCIALE RAG. CAPO CAV. PIETRO FERRARI
Tra i tanti documenti impolverati e dimenticati esistenti nell'archivio della Casa Circondariale di Trapani, la relazione
sullo stato delle carceri, redatta dal Cavaliere Pietro Ferrari, è una gemma preziosa che grazie alla precisione del
racconto, molto dettagliato, ricostruisce attraverso le tribolate vicende delle due carceri trapanesi - prima e dopo la
2^ guerra mondiale, un pezzo di storia della nostra città a molti sicuramente sconosciuta:
"Fino al 31 marzo 1939 due Istituti carcerari esistevano nella Città di Trapani e cioè:
1) Carceri Giudiziaria Centrali di via S. Francesco d'Assisi;
2) Carceri Giudiziarie Succursali della Colombaia;
Tali istituti avevano la seguente capienza:
1) Carceri Centrali 179 uomini e 37 donne
2) Carceri della Colombaia 260 uomini.
Durante il mese di aprile 1939 il Comando della Real Marina promosse il provvedimento tendente alla chiusura delle
carceri della Colombaia per adibire il fabbricato ad usi militari.
Nel maggio dello stesso anno le Carceri della Colombaia, con provvedimento del Ministero di Grazia e Giustizia,
venivano soppresse ed il fabbricato consegnato all'Ammiraglio Comandante la Piazza Militare Marittima di Trapani.
Da quella data fino al mese di maggio 1944 funzionarono nella Città solo le Carceri Centrali di Via S.Francesco.
Man mano che la capienza del carcere veniva superata, i detenuti in soprannumero erano sfollati alla Sezione
Giudiziaria della Casa Reclusione di Favignana giusto ordine permanente del Ministero, emesso a suo tempo.
Intanto procedevano i lavori per la costruzione della parte frontale del nuovo carcere sito in regione Trentapiedi
ubicata fuori la città.
Durante le operazioni belliche il fabbricato delle Carceri Centrali venne più volte colpito da proiettili di grosso
mitragliere e da spezzoni esplosivi ed incendiari che causarono lievi danni al fabbricato, danni che di volta in volta
vennero riparati a cura della Direzione.
Così si giunse alla data del 1° febbraio 1943 la quale segna l'inizio dei bombardamenti massicci cui venne sottoposta
la Città di Trapani e in special modo la zona del porto in cui sorge il fabbricato del Carcere.
Dal 1° febbraio le bombe di grosso calibro, in massima parte dirompenti, caddero a brevissima distanza dai muri
perimetrali delle carceri. Il fabbricato resistette, pur riportando notevoli danni ai muri interni, alle volte, ed in special
modo ai tetti.
Alcune bombe caddero alla distanza di 5 - 6 metri dal fabbricato danneggiando le tramoggie poste a schermo delle
finestre. Il 18 maggio, data l'assoluta inabitabilità della zona, sgombrata anche dai militari, le Carceri vennero chiuse
ed i detenuti trasferiti nelle carceri Mandamentali della Provincia. Da quella data, ogni mattina dalle ore 4,00 alle ore
8,00 circa, profittando della pausa tra i vari bombardamenti, il personale di custodia si recava con autocarri da
Paceco, ove era rifugiato, a Trapani, apriva i cancelli delle Carceri, che qualche volta furono trovati rotti - causa degli
enormi spostamenti d'aria - per caricare tutto il materiale che era possibile trasportare allo scopo di sottrarlo alla
distruzione dell'offesa aerea.
Intanto la Direzione, si era spostata in Paceco ed il materiale veniva trasportato in un primo tempo a Borgo Fazio,
poi a Partanna per essere inoltrato ai magazzini di Bivona. Buona parte del materiale venne così salvato ad opera
del personale che si distinse per lo sprezzo del pericolo e per lo zelo.
Il giorno 29 giugno 1943, il Direttore Cav. Uff. Aniello Bruno, abbandonava Trapani per trasferirsi a Bivona.
Nei giorni 16 e 17 luglio 1943, il Porto di Trapani, già minato, veniva fatto saltare in aria. Ciò arrecava gravi danni al
fabbricato delle Carceri. Il 23 luglio le Truppe Alleate occupavano Trapani ed ilo 25 le Carceri, d'ordine del Comando
Alleato, venivano riaperte sotto la responsabilità del Rag. Capo Cav. Pietro Ferrari.
La città era deserta; per giungere alle Carceri si dovevano oltrepassare ostacoli di ogni genere: dai cumuli di rovine
alle zone minate; mancava l'acqua, l'energia elettrica ed il pane. Il carcere all'interno era un mucchio di detriti con i
cancelli resi inutilizzabili perché le trombe d'aria li avevano scardinati. Il personale di custodia, con picconi, badili ecc.,
provvide allo sgombero dei materiali e così, mentre ancora alla periferia della città si combatteva, le Carceri
incominciarono a funzionare.