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17/11/2020                                 Favignana. Terra d’incanto in Sicilia – viaggimperfetti
       fatica, per bocca dei protagonisti, ologrammi parlanti di pescatori e rais, molti dei quali oggi non più
       in vita e la cui memoria, preziosa dote di cultura e tradizione, viene tramandata al visitatore.





       L’Ex Stabilimento Florio. Non chiamatelo fabbrica




              Te lo ricordi, Gabriele, quando la tonnara era ancora a iva?

       La vedi la spiaggia tra lo Stabilimento Florio e la Camparia, l’edificio dove si sistemavano le reti, si preparava la
       pesca, dove c’era lavoro per <campare>, vivere? Non c’è ricordo di bambino che non abbia come sfondo
       quei luoghi. Alla sera, la sirena che segnava la fine dell’orario di lavoro in tonnara si confondeva alle grida di
       mia nonna che voleva che tornassi a casa.

       A  parlare  è  Gabriele Bannino,  caro  amico,  che  a  Favignana  ci  è  cresciuto  e  che,  con  mia  grande
       fortuna, mi ha fa o il regalo grande di raccontarmi la sua isola e di farmela conoscere a raverso i
       suoi occhi. Con lui percorro parte del percorso che porta su, in cima, sino alla rovine del castello sul
       Monte  Santa  Caterina.  La  vista  è  stupenda,  in  fondo  la  Riserva  Orientata  della  Laguna  dello
       Stagnone, da un lato Marsala dall’altro Trapani tra cui corre la Via del Sale.




                           Giuseppe Giangrasso, Zio Peppe, custode dell’Ex Stabilimento Florio


       E lì, appena dietro lo Stabilimento ci ho incontrato la prima fidanzatina. Ci si dava appuntamento all’<Arrè
       Turinu>, dietro Torino, come chiamarlo altrimenti – continua Gabriele.


       La tonnara era vita, comunità, in nessun modo paragonabile al conce o di fabbrica odierna. Di padre
       in figlio si lavorava lì ed era motivo di orgoglio. Sai che le donne potevano portare con sé i bambini e lasciarli in
       un asilo apposito? La tonnara aveva un’anima e chi ci lavorava grande rispe o per la pesca e per il tonno. La si
       salutava la tonnara: “buongiorno tonnara” e la pesca era una pesca sostenibile nonostante la ma anza
       sia sempre stato uno spe acolo forte, cruento. Solo gli esemplari più grandi restavano intrappolati, i più piccoli,
       quelli che oggi non è consentito pescare, lasciati andare. All’interno dello stabilimento, facci caso, ci sono alcune
       targhe che ricordano le annate più pescose, si parla di 4.000, 6.000, 10.000 esemplari alcuni dei quali del peso di
       500, 600 chili.

































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