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dimensioni (54,1%) di medie dimensioni (28,3%), a seguire i microliti (15,3%) e ipermicroliti
molto rari (2,4%). Nel dettaglio, nel passaggio dall’orizzonte inferiore al superiore dello strato 4 di
Uccerie si coglie un aumento del microlitismo in generale (micro+ipermicro da 12,1% a 23,2%) a
scapito delle medie dimensioni;
– produzione di supporti laminari, con sfruttamento di nuclei ad uno o due piani opposti; si nota una
differenziazione tra i supporti utilizzati per gli strumenti comuni, che sono spesso irregolari, rara-
mente a costolature parallele, larghi e molto larghi, mentre per i dorsi si registra l’utilizzo di lamelle
strette a morfologia più regolare e simmetrica. Compaiono anche nuclei elaborati, con piani preparati
e nell’insieme i nuclei appaiono molto sfruttati.
I dati preliminari sullo studio tecnologico attestano l’uso di selce locale presente con diverse varietà
tutte di ottima qualità, facilmente reperibili sull’isola 5. È documentato sia lo sfruttamento di ciottoli sia
di noduli e anche probabilmente di blocchi di distacco da liste. La bassa percentuale di schegge corticali
e di pezzi recanti parti residuale di cortice più o meno estese fa supporre uno sgrossamento dei blocchi
prima che questi venissero introdotti nel sito. Si assiste ad una netta prevalenza della scheggiatura lami-
nare abbastanza standardizzata e poco elaborata realizzata prevalentemente su nuclei prismatici e subpi-
ramidali ad un piano di percussione (raramente i piani sono due) talvolta preparato. Lo sfruttamento
dei nuclei si presenta più o meno intensivo. Tale schema operativo è volto alla produzione di lame più o
meno regolari, sovente larghe, e lamelle. Le prime utilizzate soprattutto per confezionare grattatoi e ra-
schiatoi, i supporti più stretti erano invece destinati specialmente alla realizzazione di strumenti a dorso
e troncature. La tecnica del microbulino è documentata da alcuni residui che concernono sia supporti
laminari probabilmente microlitici e stretti sia lame larghe di taglia maggiore.
Fase 2
Una seconda fase è attestata alla Grotta Giovanna, a Grotta d’Oriente-strato 7, a Grotta dell’Acqua
Fitusa e, con alcune riserve che vedremo di seguito, alla Grotta di San Teodoro-liv. inferiore. I para-
metri di riferimento sembrano indicare, all’interno di questa seconda fase, una dinamica interna che
potremmo schematizzare in due sottofasi.
Sottofase 2a
La sottofase 2a è rappresentata dagli insiemi di Grotta Giovanna, in via ipotetica e solo su base
strutturale (in attesa della pubblicazione esaustiva), e di Grotta d’Oriente-strato 7 (Figg. 3, 4), in
via ipotetica per il basso numero di tipi primari (una settantina); la fase insediativa epigravettiana a
Grotta d’Oriente è stata suddivisa stratigraficamente in fase di scavo in cinque orizzonti abitativi, cor-
rispondenti probabilmente a paleosuperfici, che qui vengono accorpati a livello strutturale. Per questa
sottofase disponiamo di due misure radiometriche, rispettivamente pari a 12.840±100 BP per Grotta
Giovanna e 12.132±80 per l’orizzonte basale d’Oriente-strato 7.
Pur con le riserve sopra dette, emergono alcuni caratteri sia quantitativi sia stilistici che ci spingono
ad individuare una fisionomia specifica, soprattutto in considerazione di una possibile evoluzione in
rapporto alla fase 1:
– sviluppo degli Erti differenziati, con incremento di troncature, strumenti a dorso e geometrici, che
si avvicinano ai valori del Substrato a Grotta Giovanna (42,6% AD contro 48,8% Substrato) e
superano il Substrato stesso a Oriente-strato 7 (52,1% contro 32,9%);
– sviluppo importante, tra i dorsi, di punte a dorso che comprendono forme nuove anche di taglia
considerevole e a convessità molto accentuata;
5 La presenza di selce sulla Montagna Grossa è ben documentata in letteratura (AGNESI et alii 1993; MALATESTA 1957;
Carta geologica d’Italia, foglio 256).
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